Capitolo 4.9, paragrafo 2
La trattazione dell’erogazione del servizio di conservazione accreditata in modalità cloud, qualora la si ritenesse possibile, appare troppo complessa per essere esaurita nelle 4 finali del paragrafo in esame.
Premesso che nell’attuale normativa, primaria e secondaria, risulta assente una definizione di cosa sia “cloud” e non volendo alimentare complesse disquisizioni tecniche, che potrebbero verosimilmente risultare infruttuose in assenza ad oggi di un parametro di riferimento per poter valutare se la propria soluzione sia effettivamente offerta in modalità “cloud” o meno, ci si deve affidare all’unica definizione rintracciabile, in quanto in parte richiamata dalla stessa Circolare AgID 3/2018, data dal NIST: il cloud computing è un modello per abilitare, tramite la rete, l’accesso diffuso, agevole e a richiesta, ad un insieme condiviso e configurabile di risorse di elaborazione (ad esempio reti, server, memoria, applicazioni e servizi) che possono essere acquisite e rilasciate rapidamente e con minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore di servizi.
Si dovrebbe tenere in considerazione che la conservazione richiede già uno specifico accreditamento ad AgID per poter realizzare sistemi di conservazione per le amministrazioni pubbliche e che l’accreditamento, rilasciato ai sensi dell’art. 29 del CAD, prevede il soddisfacimento di numerosi requisiti economici, tecnici e organizzativi e, per un certo periodo, ha anche richiesto il preventivo ottenimento di una valutazione di conformità ad una lista di riscontro (predisposta da AgID) effettuata da un certificatore accreditato Accredia.
Emergono numerose problematiche sulla questione (es. la possibilità per un servizio basato su modelli “cloud” di garantire l’isolamento organizzativo, fisico e logico, delle proprie componenti critiche) ed è necessario ragionare attentamente sulle sovrapposizioni tra accreditamento e qualificazione perché emerge evidente il rischio di distorcere un mercato che dopo numerosi anni di disinteresse nei quali è rimasto bloccato, si sta finalmente affermando come punto di riferimento nazionale e non solo.
Una tra le principali problematiche da risolvere è relativa alla possibilità di usufruire in modalità SaaS di un servizio affidato ad un conservatore esterno.
Se, infatti, è sicuramente possibile immaginare una PA che realizzi un proprio servizio di conservazione acquisendo uno specifico software in modalità SaaS, non si comprende come possa parlarsi di acquisizione, in modalità SaaS, di un software di conservazione laddove la PA intende affidare la realizzazione del vero e proprio servizio ad un soggetto esterno.
In caso di affidamento di un servizio ad un conservatore esterno, infatti, il soggetto Produttore non ha necessità di acquisire nessun software (ad eccezione, forse, del client di versamento che, però, a stretto rigore esula dal concetto di conservazione che, è bene ricordarlo, va dalla presa in carico del pacchetto di versamento fino al suo scarto).
Inoltre, anche riprendendo la definizione di “cloud” fornita dal NIST, ci si ritrova spiazzati in quanto l’obiettivo di un affidamento all’esterno di un servizio di conservazione non è e non può essere quello di utilizzare da remoto le applicazioni del fornitore funzionanti su un’infrastruttura cloud… ma, bensì, la definizione e gestione di un sistema che adotti regole, procedure e tecnologie, in grado di garantire le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità ai documenti in esso conservati.
È tanto è ribadito dai compiti che, sulla base dei profili professionali richiesti per l’accreditamento dei conservatori, sono posti in capo al Responsabile del servizio di conservazione (ruolo interno al conservatore): se, infatti, e spetta a tale ruolo la definizione e l’attuazione delle politiche complessive del sistema di conservazione, la definizione delle caratteristiche e dei requisiti di tale sistema nonché la sua gestione mirata a garantire sempre la corretta esecuzione del servizio in favore dell’ente produttore, allora davvero non si comprende come possa parlarsi di un’erogazione di tale servizio in modalità SaaS.