Ciao Andrea, mi permetto di rispondere alla tua domanda non da persona interna alla pubblica amministrazione, ma in qualità di presidente dell’Associazione Industria Italiana del Software Libero, che raggruppa alcuni professionisti e aziende che in Italia offrono consulenza professionale su software libero.
E’ indubbio che questo piano triennale setti nuovi standard non solo per l’informatica nella pubblica amministrazione, ma anche per le aziende private del settore IT che abituate per decenni a vedere un’informatica interna alla PA che faceva piangere, potevano ben qualificarsi come portatori di innovazione e quindi come fornitori di servizi.
Il piano, molto molto ben scritto, ribalta questa situazione e ci “costringe” invece ad una seria analisi interna alle nostre aziende per colmare il gap di innovazione con la pubblica amministrazione.
A qualcuno potrà sembrare incredibile, ma esistono anche aziende IT e perfino aziende col core business open source che non hanno competenze Git al loro interno.
Personalmente, per me il modo in cui è stato organizzato il lavoro dal Team Digitale (Community Developers + Community Designers + GitHub + Read Docs + Discourse) è una grande fonte di ispirazione per l’associazione Industria Italiana del Software Libero.
Così come un’altra grande fonte di ispirazione sull’innovazione legata alla PA è la comunità di Open Data Sicilia.
Che fare quindi?
In primo luogo, non possiamo dimenticare che il piano nasce per risolvere delle VIVE EMERGENZE nella pubblica amministrazione italiana, e per quanto scritto con una visione chiaramente innovativa, non si può evitare di soffermarsi con stupore a riflettere sui singoli elementi che compongono il piano.
Ma veramente l’Italia è arrivata nel 2017 senza un’applicazione che manda una banale e-mail di cortesia al cittadino ogni volta che la pubblica amministrazione gli manda una raccomandata?
Ma veramente nel 2017 sedici regioni italiane su venti non pubblicano il GTFS in opendata lasciando i cittadini senza orari dei bus?
La realizzazione del piano è assolutamente necessaria per permettere ai cittadini italiani di uscire dalla condizione di “emergenza” con la quale sono costretti a vivere per l’assenza di servizi digitali di base, e per l’Italia come ecosistema economico per restare al passo di nazioni come l’Estonia.
Quale può essere il futuro delle aziende di consulenza IT?
Bisogna accettare il fatto che alcuni servizi di base, che ormai sono delle commodity (es. lo IaaS), devono andare in produzione, perché ne hanno disperato bisogno i cittadini e perché lo impone il mercato.
Bisogna riorganizzarsi per cogliere le nuove opportunità che potranno schiudersi una volta che come cittadini, aziende e pubblica amministrazione saremo liberi dalle routine di base.
Non sappiamo ancora quali e quante opportunità lavorative potranno aprirsi una volta che la pubblica amministrazione si sarà dotata di opendata, API e repository Git che trasformeranno le nostre città in Cities as a Service, ma possiamo solo studiare, studiare studiare.
Buon lavoro a tutti,
Marco.