[LG-WIFI] Framework normativo per la gestione del servizio Wi-Fi

ciao,

mi riferisco ora all’ultimo capoverso del paragrafo “Identità digitale e Accesso alle infrastrutture”.

In particolar modo al passaggio relativo agli indirizzi IP:

“Di seguito all’identificazione in rete verrà assegnato al device un indirizzo IPv4 di rete privata, a causa della scarsità di IPv4 pubblici. La soluzione a questo problema potrebbe consistere nell’adozione di IPv6, ma attualmente, i servizi erogati dai Provider e dalle PA non sono abilitati a tale protocollo sebbene le reti degli operatori lo siano. Si rende necessario quindi supplire all’esaurimento degli indirizzi e alla difficoltà di utilizzo di IPv6, implementando meccanismi di mascheramento tra indirizzi privati e pubblici”

Ecco, rilevo qui delle espressioni non troppo precise e talvolta arbitrarie. Cioè: chi dice che dopo l’identificazione viene assegnato un indirizzo IPv4 di rete privata (supponendo che ci si riferisca a RFC 1918)?
La scarsita’ degli indirizzi IPv4 all’interno di un’organizzazione non e’ una circostanza che puo’ essere data per scontata a livello generale.

Di sicuro la soluzione all’eventuale indisponibilita’ da parte del provider di indirizzi IPv4 consiste nell’adozione di IPv6 che lo Stato dovrebbe anche qui incoraggiare come gia’ fa altrove (vedi SPC2).

Percio’ non e’ opportuno in questo ambito sbilanciarsi nel dire, senza fonti tra l’altro, che i servizi erogati dagli ISP non sono abilitati in IPv6, dato che in SPC2 invece e’ obbligatoria l’erogazione di IPv6 alle PA da parte dei fornitori.

Poi l’inciso “difficoltà di utilizzo di IPv6” e’ del tutto arbitrario e privo di fondamento.

Inoltre, come gia’ commentato nel paragrafo “Criteri di implementazione del servizio per le PA”, IPv6 supera il concetto di NAT e dunque quel riferimento va proprio eliminato.

Infine, la nota 10 e’ errata: “Comunemente questa tecnica appena descritta è chiamata Network Address Resolution”. Leggasi invece “Network Address Translation”.

ciao

antonio