Numero di protocollo e firma digitale

Quindi, considerando che il contestuale non esiste (o avviene prima, o avviene dopo) nella firma digitale, voi avete il documento con la segnatura PRIMA (anche di pochi microsecondi) che venga firmato. Giusto?

mi sa che hai ragione… ma dico io, possibile che non riusciamo mai a fare una cosa senza che qualcuno la contesti ?
Ma soprattutto… come fanno nei paesi più avanzati dove hanno già demateriazzato da anni ?
di solito i somari (noi) copiano da quelli bravi (loro) con soddisfazione di entrambi !
Scherzo, non penso veramente che siamo somari, ma solo che ci complichiamo la vita ad arte…

Ma io mi chiedo dove stia il problema: il documento digitale sottoscritto digitalmente è uno solo ed è quello che è allegato al protocollo; il notaio non avrà mai in mano il documento originale con apposto il protocollo perchè non esiste; potrà avere in mano al massimo una copia conforme con attestazione di protocollazione, cioè un pubblico funzionario a partire dall’originale ne farà una copia, attesterà la conformità a quello mantenuto agli atti e anche l’avvenuta corretta protocollazione, avendo a garanzia l’impronta del documento imposta dal software; l’immodificabilità del documento originale è garantita dalla firma digitale e quella della protocollazione dall’impronta nel protocollo, i dati di protocollazione saranno nell’xml, ma sono solo dati.
Il protocollo deve mantenere tutte le eventuali modifiche apportate ai dati, ci hanno imposto il registro di protocollo per questo; i notai si dovranno adeguare, gli anni passano anche per loro.

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Il problema a monte è che chi fa le norme non capisce nulla di informatica (in linea generale eh!)
Basterebbe modificare la norma sul protocollo o comunque adattarla in modo che sia comunque adatta alla firma informatica.
Sistemato quello, il problema è risolto…

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esatto. ma l’informatica E’ IL MALE ! non lo sapevi ? :wink:

Qui il problema non mi pare normativo, ma culturale da parte di chi pretende di avere la segnatura di protocollo visibile a video sul documento informatico, cioe’ considera il documento informatico semplicemente come “carta elettronica”. la normativa italiana è già molto piu’ avanti rispetto a questo concetto, prevedendo anche altre forme di documento informatico. Tutto sommato anche la prima stesura del CAD era all’avanguardia, aveva semmai il difetto di essere troppo astratta per essere applicata praticamente, perche’ mancava familiarità col documento informatico e le sue molteplici realizzazioni.
Poi a portare un po’ di familiarità, come è giusto che sia, ci ha pensato il mercato: biglietti ticketless del treno o biglietti via sms per l’autobus, per dirne due.

Questa cosa la posso condividere in pieno, tuttavia dobbiamo pur ricordarci che una percentuale estremamente significativa degli utenti della P.A. sono il cittadino semplice, quello che a volte non ha nemmeno il computer. Quello che vuole avere il numerino sul documento…

Credo che sia la risposta precisa, precisa, riporta il problema e propone almeno due soluzioni.

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Secondo me oltre che cambiare la normativa bisogna che AGID detti degli standard precisi e certifichi le procedure che i fornitori rivendono alle PA, se tutti i sistemi che rivendono per la gestione documentale utilizzassero workflow standard, non si darebbe adito a richieste di modifiche da parte degli utenti finali e al Vendor lock-in :wink: .

L’utente finale nel processo di protocollo deve essere guidato e dovrebbe fare solo quello che gli consente la procedura.

Io ho visto diverse procedure di Protocollo ed ognuna di esse è strutturata in modo diverso e all’interno della stessa si può configurare a piacimento per soddisfare le richieste dell’utente finale creando la babele di modalità di lavoro diverse a cui assistiamo :expressionless:.

E questo vale per tutte le procedure.

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Mi accodo al thread, nel documento da lei citato, si parla di tre video che dovrebbero aiutare anche i programmatori a capire dove mettere le cose. Ora, questi video non sono più reperibili. Sa dove potrebbero esser stati spostati?
Grazie

Guardi non riesco a capire cosa intende … per caso e solo per caso ieri ho parlato di tre video ma in un altro contesto … non penso che sia attinente (magari ha sbagliato) … però nell’altro contesto erano cose inviate via etere mezzo televisivo.

Mi spiego meglio meglio, nel documento che era stato linkato [https://www.agid.gov.it/sites/default/files/repository_files/linee_guida/firme_multiple.pdf] nella sezione “Predisposizione del documento PDF” si fa riferiemnto a tre video che dovrebbero spiegati in dettaglio come predisporre un documento ad accettare delle modifiche del file firmato senza invalidare le precedenti firme.

Ripongo la domanda iniziale a distanza di più di 3 anni perché mi sembra che non ci sia ancora una soluzione universalmente accettata:
“Come vi comportate con il numero di protocollo su un documento firmato digitalmente?”

Ci sono due soluzioni consolidate:

  • il mumero di protocollo e’ metadato esterno veicolato attraverso il sistema di gestione documentale se si consulta il documento nel sistema, attraverso la segnatura (quando c’e’) o nell’oggetto/corpo della mial se il documento fuoriesce dal sistema (limite: non resta adeso all’oggetto digitale a meno di non imparare a conservare i messaggi mail per intero e non solo i loro allegati)
  • usare la firma PAdES (quindi solo per i PDF) apponendo la segnatura successivamente alla firma senza invalidare la firma digitale (alcuni protocolli informatici lo fanno, vedi Giada del Mibact)

Soluzione di mezzo (che funziona di nuovo solo con PDF): veicolare il numero di protocollo come metadato ma al contempo fornire la copia di cortesia, non firmata ma con stmpigliato il numero di protocollo (magari con l’indicazione che l’originale informatico da cui la copia e’ tratta e’ formata e conservata da…).

Quanti prodotti sulmercato implementano efficacemente queste soluzioni? Davvero pochi!

Buongiorno: ho inviato una email pec alla Guardia di Finanza e nel testo ho chiesto espressamente di ricevere il numero di protocollo da loro prodotto (che non è il numero identificativo che arriva automaticamente in seguito alla ricezione della mail pec … infatti ho inviato la stessa mail alla Questura e il numero di protocollo che mi hanno poi dato è differente dal numero identificativo della mail pec).

Non ricevendo risposta dalla GdF dopo qualche giorno ho telefonato per farmelo dare, ma l’agente della GdF ha fatto resistenza, chiedendomi di lasciarli il mio numero di telefono e che poi, dopo aver consultato il suo Superiore, mi avrebbe eventualnmente chiamato per comunicarmi tale numero di Protocollo.

Non sono più stato contattato.

Ho spedito la stessa mail pec anche al Comando dei Carabinieri della mia zona: quando ho telefonato per farmi dare il numero di Protocollo mi è stato detto che, per essere davvero sicuri che fossi io la stessa persona che ha inviato la mail pec e che ora era al telefono, avrei dovuto presentarmi di persona al loro Comando e, dopo aver parlato con il loro Comandante Capo, avrei eventualmente avuto diritto ad avere il numero di Protocollo.

Io ho risposto che, visto che in allegato alla mail pec che ho inviato è presente un mio Documento di Identità, potevano tranquillamente rispondere a tale mail pec essendo sicuri di non comunicare il n° di Protocollo ad una terza persona, ma direttamente a me che sono il diretto interessato.

DOMANDA:

  • è leggittimo che un agente delle FDO o un funzionario della PA si rifiuti di darmi il numero di protocollo di un atto da me prodotto e inviato via @pec?

  • in base a quale articolo di legge possono fare tale resistenza?

  • altrimenti, qual’è l’articolo di Legge da cui si evince che, qualora il Cittadino ne faccia richiesta, costituisce obbligo da parte dell’ Ente comunicare il numero di protocollo in questione? Può, quindi, configurarsi l’ipotesi di omissione d’ufficio in tale caso?

Grazie mille