Dismissione pec, si possono rivendere a terzi?

Se dismetto una pec, l’operatore può rivendere quello stesso indirizzo a qualcun altro?

Beh direi proprio di si, perchè non dovrebbe essere possibile.
Se un suo omonimo si trasferisce nell’appartamento dove abitava può ricevere tranquillamente una raccomandata di cui era il destinatario (se non ha comunicato al mittente il cambio di residenza),
Come per la raccomandata cartacea (per valere come prova) non basta sapere che è stata spedita ad un certo nominativo ad un certo indirizzo, occorre anche che, da uno storico di residenza. risulti che, al momento della consegna, lei avesse li la residenza.
Comunque la domanda è interessante.

2 Mi Piace

Gli indirizzi fisici sono finiti (l’Italia ha un numero finito di paesi, vie, indirizzi, spazi, case, ecc)
Gli indirizzi pec sono pressoché infiniti (leggo in rete 40 caratteri, quindi 36^40 fa un numero con 62 cifre)

Mi sembra quindi possibile pensare di limitare la rivendita, è come se un codice fiscale venisse ri-assegnato solo perché una persona è defunta

Ma quindi se io mi costruisco una mia rubrica di indirizzi pec, non basta poiché tutte le volte devo andarmi a controllare se l’indirizzo è valido (e appartenente a chi volevo) prima di spedire?
Mi sembra veramente fatto male come sistema

Ma il codice fiscale è rilasciato dallo stato, non lo sceglie l’utente. Internet ha altre regole. L’indirizzo email lo sceglie l’utente.
Nessuno è obbligato a mantenere attivo un indirizzo PEC (a meno di impegni presi dal proprietario come nel caso di INAD, INI-PEC o degli ordini professionali), quindi se non lo trova su un albo pubblico o non glielo comunica direttamente il destinatario lei non può essere sicuro del proprietario dell’indirizzo. Un po’ come l’anagrafe nel caso della residenza.

Non escludo che però esistano delle prassi diverse al riguardo. Una, per esempio, è la notifica agli albi della cancellazine delle utenze che i fornitori di servizi devono fare.

Per la cronaca: gli indirizzi PEC devono essere sempre controllati (utilizzando gli indici IPA, INIPEC, INAD), per essere sicuri che siano assegnati ai soggetti giuridici a cui si intende notificare un atto. Solo dopo una opportuna verifica si ha la certezza che il recapito digitale sia corretto e non ripudiabile; a legislazione vigente nulla purtroppo vieta ad una persona fisica o giuridica di avere una casella PEC piena o inattiva o non rinnovata (salvo il verificarsi di alcune conseguenze in senso lato sanzionatorie per le imprese e per i professionisti ordinistici), cosi come ad oggi non è vietato al privato modificare o rimuovere il proprio indirizzo PEC da INAD.

La domanda posta in origine è un’ottima ragione a favore della proposta di avere una Pec e domicilio digitale a gestione pubblica
[codicefiscale]@domiciliodigitale.it

che può appartenere solo alla persona fisica o giuridica a cui è stato attribuito tale CF.

@Lazlu

2 Mi Piace

Concordo @micanova , ma è consigliabile solo una volta “stabilizzato” e accertato come definitivo e immutabile il codice fiscale. Ciò comporta che si tolgano di mezzo: le pur poche ma pericolosissime omocodie, i problematici cambi di codice fiscale conseguenti a procedure di c.d. ‘esatta indicazione del nome’ ex art. 36 Reg. St.Civ. e ogni altra tragicomica casistica che comporti mutazione del prenome e/o del cognome e impatti sulla formazione del c.f.); resto dell’idea che la soluzione finale sia l’attribuzione a chiunque di un nuovo c.f. in formato alfanumerico non pre-calcolabile né predeterminato, con la presenza di codici di controllo per minimizzare errori (ricordo che circa nel 2006/7 SOGEI avanzò la proposta del superamento dell’attuale metodo di codifica, purtroppo non se ne è fatto più nulla…).

Adesso non c’è il nuovo codice univoco ANPR?

Quello vale solo per i residenti, il codice fiscale ha utilizzi più ampi.

1 Mi Piace