Doppio codice fiscale

Cittadini con codice fiscale uguale.
Che si fa?
Tipo Mario Rossi o Gennaro Esposito, Nati a Milano o a Napoli con stessa data di nascita.

Da quello che so l’ultimo carattere del codice fiscale funge da “checksum” e all’occorrenza di omonimi viene usato proprio per diversificare i codici fiscali.

Quindi direi che non dovrebbero proprio esistere codici fiscali identici per due persone diverse

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Per come è calcolato è astrattamente possibile. Si segnala il fatto all’Agenzia delle Entrate, che ha una procedura amministrativa di assegnazione apposita di nuovi codici fiscali in caso di rilevata omocodia.

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Il codice fiscale ufficiale non è calcolato ma quello assegnato da agenzia delle entrate che, come dicevano, tiene conto delle omocodie.

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Preciso ulteriormente che ci sono delle regole per risolvere le omocodie, anche multiple.

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Si ma…
cambia anche un altro carattere, non solo l’ultima cifra …

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per la precisione, l’ultimo carattere resta il checksum e cambia proprio perchè cambia un’altro carattere, altrimenti nessun software riconoscerebbe il CF come valido.
E’ inoltre possibile riconoscere un codice omocode a prima vista essendoci una vocale al posto di una consonante.

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Se qualcuno sta sviluppando un software gestionale e si imbatte per caso in questo topic, gli do un consiglio: evitate di calcolare il codice fiscale dai dati anagrafici. Se possibile non mettete nemmeno la funzione nel programma o quantomeno metteteci un bel disclaimer che dice che il codice fiscale calcolato potrebbe differire da quello assegnato dall’Agenzia delle Entrate. Al limite potete fare il contrario, ovvero usare il codice fiscale per verificare i dati anagrafici.

Ci sono due motivi per cui evitare di calcolare i codici fiscali:

  1. Se c’è qualche errore nei dati anagrafici (nome, cognome, luogo e soprattutto, data di nascita), anche il codice fiscale calcolato sarà sbagliato. Vi dico per esperienza che la gente sbaglia spesso di inserire i propri dati anagrafici, figuriamoci quando vengono copiati da un modulo cartaceo compilato a mano.
  2. Come già evidenziato da altri, anche se l’Agenzia delle Entrate di norma usa un algoritmo per calcolare il codice fiscale, ci sono situazioni in cui viene assegnato un codice fiscale diverso, principalmente quello di omocodia. I casi di omocodia per chi è nato in Italia sono rari, ma sono più frequenti per gli stranieri, perché in quel caso invece del codice del comune viene usato il codice dello stato di nascita. Per alcuni paesi, con molti immigrati in Italia e in cui la varietà di nomi e cognomi è bassa (come per esempio la Cina), le probabilità di omocodia sono elevate. In altri casi la persona potrebbe indicare come stato di nascita uno stato diverso da quello usato nel codice fiscale (nei casi in cui lo stato in cui si trova il luogo di nascita è cambiato nel tempo).

In ogni caso vale sempre la regola che l’unico codice fiscale valido di una persona è quello che gli ha assegnato l’Agenzia delle Entrate ed è garantito essere univoco (nel senso che ad un codice corrisponde una sola persona, ma non necessariamente il contrario). Se lo calcolate da voi, non sarete mai sicuri se è giusto o sbagliato. E nei casi di omocodia rischiate anche di creare problemi alla persona il cui C.F. avete usato per sbaglio.

Gli utenti potrebbero insistere nel voler calcolare i codici fiscali, ma spiegategli che la cosa prima o poi gli creerà problemi. Noi per esempio sviluppiamo software di contabilità e ogni anno i nostri utenti hanno problemi quando devono inviare le certificazioni uniche o i 770 perché l’Agenzia delle Entrate, ovviamente, rifiuta i record con codici fiscali non validi. A quel punto non sempre è facile rintracciare le persone per farsi dare il codice fiscale giusto. Meglio pensarci subito.

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Concordo… 100%

Per vostra curiosità

Nel provvedimento linkato, il Garante Privacy ha sanzionato INPS per aver abusato della procedura di calcolo del Codice Fiscale per taluni soggetti politici che avrebbero richiesto il bonus Covid senza, apparentemente, averne diritto.

I predetti controlli di secondo livello, nel caso di specie, sono stati realizzati con l’acquisizione dei dati anagrafici di deputati e amministratori regionali e locali dai dati aperti (open data) resi disponibili a chiunque, tramite le apposite pagine web messe a disposizione dalla Camera dei deputati (Virtuoso SPARQL Query Editor) e dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno (https://dait.interno.gov.it/elezioni/open-data/amministratori-locali-in-carica). Da queste informazioni, in relazione a ciascun soggetto, è stato calcolato, in maniera automatizzata, in base alle regole stabilite dal decreto del Ministero delle finanze del 12 marzo 1974, n. 2227, il presunto codice fiscale che, successivamente, è stato posto in raffronto con il codice fiscale effettivo indicato nelle domande presentate dai richiedenti il bonus Covid. All’esito di tale raffronto, l’Istituto ha ritenuto di poter verificare se, tra i richiedenti, vi fossero anche deputati o soggetti titolari dell’incarico di amministratore regionale o locale (rilevando così la presenza di 5 deputati e circa 2000 amministratori, come rappresentato nella sopramenzionata audizione parlamentare).

In buona sostanza INPS non sapeva chi tra i richiedenti avesse cariche politiche. Ha “pensato bene” di scandagliare la rete con strumenti automatizzati e reperire i dati anagrafici, quindi calcolare il codice fiscale e raffrontarlo con le domande.

Occorre tuttavia rilevare che le descritte modalità di calcolo del codice fiscale non sono in grado di assicurare, con assoluta certezza, la qualità dei dati utilizzati per i controlli; in questo delicato ambito, l’univoca identificazione dell’interessato richiede il più rigoroso rispetto del principio di esattezza dei dati (art. 5, par. 1, lett. d), del Regolamento). Il predetto metodo di calcolo del codice fiscale può comportare errori laddove venga effettuato sulla base di dati incompleti o non precisi (es. soggetti con due o più nomi separati o meno da virgola) così come in presenza di eventuali casi di omocodia (cioè di coincidenza, tra più interessati, di nome, cognome, data e luogo di nascita, che comporta l’assegnazione, a ciascuno di essi, di un particolare codice fiscale, da parte dell’Agenzia delle entrate, diverso da quello ottenuto mediante la procedura di calcolo). In assenza di dati esatti, la qualità del controllo effettuato dall’Istituto potrebbe risultare compromessa; il raffronto effettuato potrebbe infatti, da un lato, condurre all’individuazione di un soggetto sbagliato e, dall’altro, non consentire invece di identificare soggetti non aventi diritto.

GPDP rileva che il calcolo del codice fiscale non rispetta il principio di esattezza del dato personale.

Conclusione?

Non calcolatelo, fatelo inputare a mano. Al massimo prevedete una checkbox “il codice fiscale potrebbe contenere un errore: no sono sicuro che è giusto”

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Purtroppo la questione è nata male dal principio, sarebbe stato molto meglio che l’Amministrazione finanziaria avesse assegnato un codice univoco progressivo (meglio se alfanumerico, per ridurre le probabilità di erronea digitazione), in sede di primo contatto qualificato (in prima applicazione o successivo evento originante) senza alcun riferimento a nome, cognome, data e luogo di nascita. In altri Paesi es. USA il numero della previdenza sociale ha caratteristiche simili a questa ed è impossibile il fai-da-te. Ricordo che anni fa era stata avanzata una proposta di modifica, ma non ha poi avuto seguito…

Di contro in questo modo, per il 99 % delle persone è facile tenere a mente il proprio e quello dei familiari, cosa che sarebbe impossibile con una sequenza casuale di numeri e lettere. (io conosco a memoria almeno 6 codici fiscali).
Secondo me il nostro sistema è decisamente migliore.

Inoltre, anche se non è esattamete in tema, negli USA il fatto che il numero di sicurezza sociale (SSN) sia così astruso lo ha reso, nei fatti, una chiave di accesso a molti servizi, ma in realtà quel numero bisogna fornirlo necessariamente in molti casi (ad es. sul lavoro) rendendolo, in pratica, non riservato.

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I cittadini USA o comunque chiunque lavori legalmente negli USA da questo punto sono messi molto peggio che noi italiani ed europei.
l’SSN negli USA viene ormai usato per identificare il singolo cittadino esattamente come il nostro codice fiscale semplicemente perché non hanno un altro sistemo che sia ugualmente valido, sopratutto per le aziende private che vogliono sapere subito se sei solvibile, il che come dici tu ha generato tutta una serie di problemi di sicurezza perché in passato veniva considerato un numero personale o comunque riservato, serviva per identificare il cittadino al fine della tassazione, mentre negli ultimi venti anni forse anche da un po’ prima, sia le banche che le società delle carte di credito, e per estensione tutto il mondo del credito e non solo hanno cominciato a richiederlo ed usarlo per identificare il singolo cittadino, anche se non avrebbero dovuto farlo.

Quindi adesso viene usato da tutti e per tutto, anche per cose per le quali non dovrebbe essere richiesto o usato, vedi il famosi casi con TMobile uno dei maggiori gestori di rete cellulare e fissa negli USA che si è fatto rubare a più riprese decine di milioni di numeri di SSN con relativi dati personali dei suoi clienti, ma non è il solo negli ultimi anni i furti dei numeri degli SSN hanno interessato decine e decine di milioni di persone, ogni tanto esce una nuova notizia in merito, e visto che negli USA ti basta il numero di SSN con nome, cognome ed pochi altri dati personali per aprire un conto in banca, chiedere una carta di credito, o un muto/prestito sopratutto online il problema non è di poco conto.

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Credo che prima ancora di decidere se il codice fiscale possa essere calcolato o debba essere fornito esplicitamente penso che ci sia da fare una riflessione sull’uso che se ne vuole fare. Se deve servire ad abbinare univocamente un account ai dati anagrafici di una persona per fornire servizi destinati soltanto a quel cittadino probabilmente è necessario validare il codice fiscale. Questo si può fare recuperandolo automaticamente dall’identità digitale che la persona deve necessariamente usare per accedere al servizio. A quel punto diventa superfluo sia il calcolo che l’inserimento.

Il codice fiscale non può essere calcolato perché se lo calcoli tu non puoi tener conto delle famose omocodie, quindi l’unico codice fiscale che vale è quello rilasciato dal AdE.
A maggior ragione in programmi che abbiano a che fare in un modo o l’altro con l’identificazione del cittadino presso lo stato, tipo un programma che genera fatture, o gli utenti di un istituto, scuola, ecc.
pubblica o privata che siano.

Secondo me la cosa da tenere presente invece è un’altra, quando è corretto richiedere il codice fiscale di una persona ?
Nella mia esperienza molte volte il codice fiscale viene usato a sproposito come sistema rapido per identificare in modo univoco gli utenti, anni fa vidi una biblioteca che utilizzava proprio il CF come identificativo degli iscritti ti stampava anche la tesserina con il numero ed i codice a barre, uguale a quella del CF, ed infatti accettava anche la tessera sanitaria o quella del codice fiscale come tessera di riconoscimento della biblioteca.
Questa cosa l’ho vista fare molte volte sia nel pubblico che nel privato, sopratutto nel privato.
La domanda che dovremmo porci invece è la seguente: È corretto richiedere ed usa il CF fiscale di una persona anche quando non è espressamente richiesto da qualche regolamento e ne potremmo fare a meno ?
Ad esempio si potrebbe utilizzare un normalissimo numero progressivo, e cosi distinguere un Mario Rossi da tutti gli altri Mario Rossi.
Perché come dici anche tu nakis permettere ad un utente di inserire lui il suo CF comporta dei problemi di validazione
Finché la registrazione viene fatta di persona e solo di persona, non ci sono problemi ad usare il CF, perché chi la fa la registrazione richiede la tessera con il CF o la CIE dell’utente e lo prende direttamente da li, i problemi avvengono quando permetti a gli utenti di registrarsi online da soli, ed a quel punto può succedere di tutto, tipo utenti che si registrano 3 o 4 volte perché dimenticano la password e non vogliono fare due click in più per recuperarla, ed a quel punto mettono un CF farlocco che comunque viene accettato perché se fai la verifica calcolandolo non si può tenere conto delle omocodie e comunque se sei una struttura dove ci sono anche stranieri non puoi rendere obbligatorio il CF e quindi basarti su di esso.

Personalmente trovo concettualmente sbagliato utilizzare il CF sia in tutte quelle situazioni, nelle quali all’utente viene permesso di inserirlo da solo, sia in molte altre situazioni nelle quali può essere usato un semplice numero progressivo di ditentificazione, ad esempio ti registri presso la biblioteca pubblica, dai un documento di identità valido che viene opportunamente registrato e conservato, ma non c’è bisogno di richiedere ed usare il CF a meno che non espressamente richiesto da un qualche regolamento ufficiale del comune/regione/stato, si in molti casi ci sono regolamenti che lo richiedono, ma lo fanno per ignoranza non perché ce ne sia un reale bisogno.
Il concetto che andrebbe sempre tenuto presente quando si fanno delle anagrafiche di persone e di utilizzare il minor numero di dati personali possibili, e non il maggiore e questo a maggior ragione nel pubblico.

@ettoremazza e @RiccardoS considerate però che neanche in Italia è poi così tanto riservato: le omocodie riguardano circa 25.000 persone (perlopiù straniere) e per quanto non sia sicuro (né conforme alla normativa vigente) calcolarlo autonomamente la probabilità di indovinarlo correttamente è molto alta disponendo di cognome, nome, sesso, data e luogo di nascita del soggetto. Da un numero o un alfanumerico scorrelato ai dati della persona fisica sarebbe impossibile risalire alla stessa senza incrociare altre informazioni di banche dati. Rammento che anche da noi il C.F. si utilizza in modo ormai pervasivo…

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Ma infatti noi intendiamo che in Italia é come fornire nome e cognome (ma univoco), non è riservato per nulla e la gente lo sa e lo tratta, correttamente, di conseguenza con il vantaggio che lo sa a memoria.

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Si sono d’accordo con te, se lo calcoli le probabilità di avere quello giusto sono sono molto alte, sempre se hai i dati di partenza giusti ed ad esempio non usi il comune dell’indirizzo di domicilio al posto di quello di nascita :), si conosco gente a cui è successo.
Se poi stai usando il programma che ti crea e gestisce le fatture ed i pagamenti, usare un codice fiscale calcolato e concettualmente e legalmente sbagliato, e ti può portare a infinite grane.

Secondo me il nostro Codice Fiscale è stato pensato bene, facile da ricordare, non troppo lungo, e ti da già un’idea del nome e cognome della persona cosa che spesso fa comodo, quando devi riagganciare un CF ad una persona, ma sopratutto non è mai stato pensato per essere una informazione privata c’è gente che lo mette sul biglietto da visita dell’attività insieme a quello della partita IVA.

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Fate sempre riferimento a fonti “ufficiali” come l’Agenzia delle Entrate …

Persone fisiche con identica espressione alfanumerica (omocodia)

Quando due o più soggetti hanno dati anagrafici che generano lo stesso codice fiscale (omocodici), per ciascuno di essi si provvede a differenziare il codice fiscale. A tal fine, si effettuano,
nell’ambito dei sette caratteri numerici contenuti nel codice, sistematiche sostituzioni di una o più cifre a partire da quella di destra, con corrispondenti caratteri alfabetici secondo la seguente tabella:

Tabella B – conversione di cifre in caratteri alfabetici (per omocodici)

  • 0 - L
  • 1 - M
  • 2 - N
  • 3 - P
  • 4 - Q
  • 5 - R
  • 6 - S
  • 7 - T
  • 8 - U
  • 9 - V

Inoltre l’unico vero controllo sulla effettiva esistenza in anagrafica tributaria di un codice fiscale di una persona fisica si può effettuare con la procedura di controllo messa a disposizione dell’AdE

https://telematici.agenziaentrate.gov.it/VerificaCF/Scegli.do?parameter=verificaCfPf

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