La realtà è diversa dalla visione centrale

Ciao

Cito @Elena_S

"La realtà operativa degli uffici pubblici è infinitamente distante dal “dover essere” digitale. Si lavora con hardware obsoleti (XP ancora in larghissimo uso), con programmi che funzionano male o comunque in modo non ottimale (perchè sviluppati da gente che non li userà) e la parola interoperabilità pare non un miraggio ma piuttosto una presa in giro. Qui e sui blog digitali si disquisisce di passaggio di dati, di comunicazioni fluide e automatiche, di cloud… ma la realtà con cui ci troviamo a operare è quella di un programma che gira solo su chrome, un altro solo su IE, un altro su firefox, moduli che si aprono solo con office o solo con libreoffice e così via. Interoperabilità… un sogno!
I primi ad essere stanchi di questo modo di lavorare siamo noi costretti a subire tutto questo, ma nessuno ci ascolta. Come diceva @Lazlu la PA è un esercito di generali, aggiungo io, che non ascolta i soldati.
"

Inizio con il mio commento:
—Interoperabilità… un sogno!—
Se non lo permettono i prodotti/software che si comprano è improbabile riuscire a farla, perchè nelle PAL nessuno (si spera) sviluppi, soprattutto nei comuni sotto 20k abitanti.

Andrea

3 Mi Piace

La cosa drammatica è che io lavoro in una PA centrale :rofl: Pensa te le locali!

Le mie proposte sono:

  1. prevedere normativamente (con una legge, che a quanto ne so c’è solo la direttiva ‘stanca’ che non basta) la proprietà di un sw sviluppato da zero su appalto di una PA è di proprietà di quella PA e se quella PA viene privatizzata, cessata ecc. passa alla Presidenza del Consiglio. Il codice sorgente deve essere ceduto senza se e senza ma! Se invece viene fatta una modifica, su espressa richiesta pubblica, a un sw privato, va estesa gratis a tutti i clienti pubblici che hanno quel sw in licenza, anche se non comprano l’aggiornamento/manutenzione annuale. Se poi la modifica viene venduta ai clienti privati, una quota del profitto va retrocessa al committente pubblico.
    Chi non si adegua deve essere sanzionato col divieto a contrarre con le PA per tot tempo (ci pensi AGID)

  2. qualunque nuovo sw-applicativo-portale-servizio ecc. deve essere nativamente interoperabile come spiegato nell’altro thread da @frantheman e @giuliamacchi Poi come (webservices, API, tutto pubblicato ecc.) ciò si possa codificare non lo so, ma il concetto deve venire fuori.

  3. Come esiste un piano di riduzione degli oneri amministrativi, deve esistere anche un obbligo di riduzione degli obblighi informatici. E’ un pò un mio pallino, ma davvero ogni volta che nasce un portale-servizio-database ecc. che prevede inserimento di dati da qualche parte, io ne vorrei veder sparire un altro. Unicità dell’inserimento e via. E come c’è la legge di semplificazione che ogni anno dovrebbe semplificare la vita ai cittadini, ci sia la legge di semplificazione informatica. La butto lì, quanto si assomigliano le banche dati Demanio sugli immobili pubblici e il Portale Tesoro sugli immobili pubblici? Bene, restasse un portale solo dei due…
    Se si riduce il numero di cose che l’impiegato deve fare, anche i sw privati dovrebbero naturalmente tendere a fare tutti le stesse cose. Invece adesso uno carica i dati automaticamente sul portale A ma non sul portale B, uno fa il calcolo X richiesto da Tizio ma non la procedura Y (simile) chiesta da Caio…

8 Mi Piace

sinceramente mi sto chiedendo se qualcuno legge i nostri post, se qualcuno li riporta ai “decisori”, che a dire il vero non ho ancora capito chi sono…

1 Mi Piace

Io quando ho un’idea/una consideraizone/uno spunto, la posto qui, poi faccio un sunto dei pareri e in base al tipo di problema lo sottopongo a chi secondo me è il referente.
Non sempre ho un feedback, ma perlomeno ci provo.

2 Mi Piace

bravo !!!
io non ce la faccio proprio, io speravo che ci fosse qualcuno che ogni tanto butta l’occhio di qua :grinning:

1 Mi Piace

sinceramente mi sto chiedendo se qualcuno legge i nostri post, se qualcuno li riporta ai “decisori”, che a dire il vero non ho ancora capito chi sono…

io li leggo, e porto tante cose che leggo (e imparo) ai decisori della mia PA.
:grinning:

1 Mi Piace

il Piano Triennale dell’informatica nella PA è una validissima guida e direttrice per le PA centrali e locali.
Una guida ci vuole sempre. Altrimenti tante PA locali (che sono migliaia) continuano ad andare avanti per strade autonome e diverse una dalle altre. E quella famigerata “interoperabilità” si va a fare friggere.

Ma lo stesso Piano triennale dell’informatica non basta ad “assicurare” la transizione al digitale. Lo dico da dipendente da 30 anni del comune di Palermo.

Da anni ho avuto il pallino:

  • della standardizzazione delle procedure usate nei vari uffici;
  • della condivisione documentale e dei dati (e iniziai 10 anni fa facendo aprire account gmail ai miei colleghi per usare i documenti condivisi in drive);
  • della pubblicazione dei dati dove non ci sono dati di privacy e sensibili (e alcuni anni fa con grandi sforzi insieme ad altri colleghi siamo riusciti ad aprire un portale open data conforme al profilo dei metadati - DCAT_AP_IT);
  • di piattaforme nazionali abilitanti (poi arrivarono SPID, PagoPA, IO, ANPR-CIE) che rendessero standard il fare la stessa operazione ovunque in Italia;
  • di usare lo stesso vocabolario per descrivere lo stesso processo amministrativo in tutti gli uffici, in tutti gli enti pubblici (e poi arrivarono i vocabolari controllati di AGID, e in particolar modo di Giorgia Lodi, pronti per l’uso ;
  • della formazione del personale del mio ente, e allora ho costruito mini spazi didattici online (open data - lavoro agile - RTD) che potessero trasmettere un po di cultura digitale e formazione su tematiche precise;
  • della gestione documentale, e allora ho cominciato a scrivere le regole del manuale di formazione-gestione-conservazione del documento informatico del mio ente, che è ancora in progress e per il quale ho bisogno di confrontarmi con miei colleghi strutturati in materie giuridico-amministrative; spero per l’inizio del prossimo anno di confezionarlo per l’approvazione della Giunta comunale per per la successiva attuazione “informatica”.

Ho iniziato anni fa (circa 7-8) ad occuparmi di dati, informatica, analisi di processo, gestione documentale e ancora tanto c’è da fare nella mia PA.
Perchè scrivo queste cose?
Perchè non basta un Piano triennale dell’Informatica, che ora abbiamo a Palermo, ma c’è bisogno di passione verso questi temi, costanza, stare dietro colleghi e dirigenti, trasmettere loro consapevolezza dell’importanza di transitare dalla carta a procedure totalmente digitali.
C’è bisogno di immolarsi come responsabile di progetti (vedi PON METRO ASSE 1 AGENDA DIGITALE e PO FESR OT2 AGENDA DIGITALE) come stiamo facendo alcuni colleghi ed io per traghettare le centinaia di procedure amministrative di un ente comunale che oggi consentono di erogare servizi all’utenza da fogli e carpette di carta a piattaforme informatiche, con tutte le differenze di modalità di lavoro quotidiano che ciò comporta.

E purtroppo la passione e l’amore per queste tematiche non sono temi-argomenti trattati dal Piano triennale dell’informatica, ma sono temi “importantissimi” e “cruciali” nella realizzazione di tutte quelle azioni previste negli 8 capitoli del nuovo Piano 2020-2022.

Anche nel mio ente ci sono XP installati su diversi PC, come in tante PA d’Italia. I problemi sono comuni nei comuni :wink:.
Le API ben chiare e documentate devono essere previste in ogni singolo applicativo che si usa nella PA!

Ma si deve iniziare, si deve procedere e si deve cominciare a vedere la differenza rispetto a prima con l’adozione di nuovi modi di lavorare con gli strumenti digitali, strumenti che sappiamo cambieranno rapidamente negli anni; oggi usiamo un applicativo e fra due anni ce ne uno nuovo più rispondente ai nostri fabbisogni, c’è anche tutta la questione delle migrazione dei servizi da un cloud ad un altro nel corso del tempo, c’è un vero casino su questo ambito dell’informatizzazione e nessuno oggi sa che tecnologie ci saranno fra 3-5 anni che potremmo adottare perchè ci renderanno la vita molto più semplice a noi della PA e a noi cittadini utenti dei servizi pubblici.
C’è la paura del lock-in tecnologico, dal quale ci dobbiamo tenere a distanza, ma ci possiamo stare a distanza solo studiando, imparando giorno per giorno, su questo, purtroppo, ancora non c’è la scienza infusa da inoculare con un iniezione intramuscolare :joy: ma solo acquisendo conoscenza e cultura in questo campo si può avere un atteggiamento positivamente critico :cowboy_hat_face: nei confronti delle software house anziché essere passivi e accettare tutto quello :zipper_mouth_face: che propongono alla PA.

Bisogna stare dietro tutto questo, giorno per giorno, confrontarsi tra colleghi di enti diversi, come facciamo noi quà sul Forum Italia, fruire webinar di diverse aziende ICT, leggere articoli in materia (su Medium c’è l’oceano), riusare software open source dal catalogo AGID e verificare se soddisfano le nostre esigenze, fare protocolli di intesa tra enti (es. tra grandi comuni, tra piccoli comuni) per l’adozione degli stessi software per gestire gli stessi processi (tributi, opere pubbliche, servizi scolastici, infrazioni codice della strada,…), e così via.
Questo bisogna fare dopo aver finito di leggere il Piano triennale dell’Informatica :stuck_out_tongue_winking_eye: perchè leggere solo il Piano sicuramente non ci permetterà di transitare la nostra PA alla modalità digitale come il santo CAD prevede.

E fare un po quello che ha fatto il TEAM Trasformazione Digitale, tuffarsi dentro le cose da fare con metodo e rigore, ma soprattutto con risultati attesi entro un tempo x che può anche sforare quello del Piano triennale, l’importante è arrivarci a fare le cose con metodo, poi ci saranno sempre i primi, quelli a metà e gli ultimi ad arrivare, ma quello che conta, secondo me, è arrivarci tutti, aiutandosi gli uni con gli altri, non vedo altre vie (come ad esempio le sanzioni che non inculcano nuova cultura ma solo terrore). Creare un team interno di persone con passione e un minimo di conoscenza sugli argomenti dell’ICT, come abbiamo previsto nel nostro Piano triennale di Palermo.

Dotarsi di personale specializzato in servizi digitali, dopo avere accuratamente verificato CV, esperienze pregresse, professionalità, facendo tante domande le cui risposte possono aiutare il nostro ente a capire come superare attuali problemi di mancata re-ingegnerizzazione dei processi per la transizione al digitale degli stessi.

Secondo me, alla luce della mia esperienza di 30 anni dentro un comune, la transizione al digitale della PA è per il 70% un fattore di cultura (serena accettazione di lasciare la carta per nuovi strumenti di lavoro) e per il 30% uso di tecnologie finora non utilizzate.

Ma posso sbagliare…

6 Mi Piace

Io sono dell’avviso che si dovrebbe creare una software house nazionale, che realizzi tutto il software necessario per tutte le pubbliche amministrazioni, ed evitare tuta la frammentazione attuale.
Così un dipendente qualsiasi che si trovi a Roma o a Palermo… anche quando trasferito non debba riformarsi per le nuove procedure della ditta di turno che andrebbe a trovare.
Lo propongo da anni ai vari politici di turno… ma invano…
Secondo me bisognerebbe fare una petizione nazionale…

Sarebbe bello concettualmente, ma “uccidi” un intero settore di aziende e non è proprio così facile da implementare.

Magari si potrebbero ingaggiare inglobandole nella struttura nazionale…
Eppoi… per il bene comune dell’Italia… “si sperperano un sacco di risorse proprio per questo motivo” sarebbe un male minore…

Il software unico e’ una tentazione forte, ma ci sono anche delle controindicazioni.
In sintesi, una sana concorrenza dovrebbe portare ad avere software piu’ usbili e funzionali, aggiornati alla normativa e alle tecnologie.
Ci sono state esperienze varie di software nazionali: per esempio il MIUR ha a piu’ riprese proposto dei software alle scuole che poi sono andati a morire per mancanza di manutenzione.

Piuttosto, quello che dovrebbe essere unico e’ il modo con cui software di rproduttori diversi dialogano in interoperabilità.

3 Mi Piace

Di per sè il teorico è corretto, il pratico però molto diverso dal teorico, ci sarebbe molto da dire a riguardo ma non in questa sede.

Una sw house nazionale di fatto già c’è e si chiama SOGEI. La qualità dei sw che produce è molto ma molto variabile, e questa è una delle cause dell’“allergia” generalizzata ad essa, in primis tra i commercialisti ma anche tra i dipendenti pubblici.
Per il resto concordo che ci sarebbe davvero molto da dire a riguardo, ma non qua.

La questione principale, a mio modesto avviso, non è il software unico a livello nazionale sulla gestione tributi per tutti i comuni italiani, per fare un esempio.

La questione madre 1 è per me: dobbiamo creare un vocabolario unico di voci di quel servizio che dobbiamo gestire con software.
Poi i software possono essere diversi, di diverse software house, ma il requisito principale imprescindibile è che devono rispettare/adottare quel vocabolario unico di voci per gestire quel dato servizio specifico (lato interno ufficio e lato esterno utente)!

La questione madre 2 è che tutti i software usati per gestire quel dato servizio, che adotta solo quel vocabolario unico di voci, devono essere dotati di interfacce API, ben documentate e pubblicate in repository pubblici, che permettono concretamente l'interoperabilità tra più banche dati di più comuni.

Il vocabolario unico di voci non è altro che il vocabolario controllato. E AGID ne ha creati un bel po che possono essere immediatamente usati nei software che i vari comuni utilizzano o utilizzeranno a breve.

Utilizzo di vocabolario controllato + API è ormai il minimo sindacale, l’imprescindibile, in ogni PA per un dato servizio.

4 Mi Piace