il Piano Triennale dell’informatica nella PA è una validissima guida e direttrice per le PA centrali e locali.
Una guida ci vuole sempre. Altrimenti tante PA locali (che sono migliaia) continuano ad andare avanti per strade autonome e diverse una dalle altre. E quella famigerata “interoperabilità
” si va a fare friggere.
Ma lo stesso Piano triennale dell’informatica non basta ad “assicurare” la transizione al digitale. Lo dico da dipendente da 30 anni del comune di Palermo.
Da anni ho avuto il pallino:
- della standardizzazione delle procedure usate nei vari uffici;
- della condivisione documentale e dei dati (e iniziai 10 anni fa facendo aprire account gmail ai miei colleghi per usare i documenti condivisi in drive);
- della pubblicazione dei dati dove non ci sono dati di privacy e sensibili (e alcuni anni fa con grandi sforzi insieme ad altri colleghi siamo riusciti ad aprire un portale open data conforme al profilo dei metadati - DCAT_AP_IT);
- di piattaforme nazionali abilitanti (poi arrivarono SPID, PagoPA, IO, ANPR-CIE) che rendessero standard il fare la stessa operazione ovunque in Italia;
- di usare lo stesso vocabolario per descrivere lo stesso processo amministrativo in tutti gli uffici, in tutti gli enti pubblici (e poi arrivarono i vocabolari controllati di AGID, e in particolar modo di Giorgia Lodi, pronti per l’uso ;
- della formazione del personale del mio ente, e allora ho costruito mini spazi didattici online (open data - lavoro agile - RTD) che potessero trasmettere un po di cultura digitale e formazione su tematiche precise;
- della gestione documentale, e allora ho cominciato a scrivere le regole del manuale di formazione-gestione-conservazione del documento informatico del mio ente, che è ancora in progress e per il quale ho bisogno di confrontarmi con miei colleghi strutturati in materie giuridico-amministrative; spero per l’inizio del prossimo anno di confezionarlo per l’approvazione della Giunta comunale per per la successiva attuazione “informatica”.
Ho iniziato anni fa (circa 7-8) ad occuparmi di dati, informatica, analisi di processo, gestione documentale e ancora tanto c’è da fare nella mia PA.
Perchè scrivo queste cose?
Perchè non basta un Piano triennale dell’Informatica, che ora abbiamo a Palermo, ma c’è bisogno di passione verso questi temi, costanza, stare dietro colleghi e dirigenti, trasmettere loro consapevolezza dell’importanza di transitare dalla carta a procedure totalmente digitali.
C’è bisogno di immolarsi come responsabile di progetti (vedi PON METRO ASSE 1 AGENDA DIGITALE e PO FESR OT2 AGENDA DIGITALE) come stiamo facendo alcuni colleghi ed io per traghettare le centinaia di procedure amministrative di un ente comunale che oggi consentono di erogare servizi all’utenza da fogli e carpette di carta a piattaforme informatiche, con tutte le differenze di modalità di lavoro quotidiano che ciò comporta.
E purtroppo la passione e l’amore per queste tematiche non sono temi-argomenti trattati dal Piano triennale dell’informatica, ma sono temi “importantissimi
” e “cruciali
” nella realizzazione di tutte quelle azioni previste negli 8 capitoli del nuovo Piano 2020-2022.
Anche nel mio ente ci sono XP installati su diversi PC, come in tante PA d’Italia. I problemi sono comuni nei comuni .
Le API ben chiare e documentate devono essere previste in ogni singolo applicativo che si usa nella PA!
Ma si deve iniziare, si deve procedere e si deve cominciare a vedere la differenza rispetto a prima con l’adozione di nuovi modi di lavorare con gli strumenti digitali, strumenti che sappiamo cambieranno rapidamente negli anni; oggi usiamo un applicativo e fra due anni ce ne uno nuovo più rispondente ai nostri fabbisogni, c’è anche tutta la questione delle migrazione dei servizi da un cloud ad un altro nel corso del tempo, c’è un vero casino su questo ambito dell’informatizzazione e nessuno oggi sa che tecnologie ci saranno fra 3-5 anni che potremmo adottare perchè ci renderanno la vita molto più semplice a noi della PA e a noi cittadini utenti dei servizi pubblici.
C’è la paura del lock-in tecnologico, dal quale ci dobbiamo tenere a distanza, ma ci possiamo stare a distanza solo studiando, imparando giorno per giorno, su questo, purtroppo, ancora non c’è la scienza infusa da inoculare con un iniezione intramuscolare ma solo acquisendo conoscenza e cultura in questo campo si può avere un atteggiamento positivamente critico nei confronti delle software house anziché essere passivi e accettare tutto quello che propongono alla PA.
Bisogna stare dietro tutto questo, giorno per giorno, confrontarsi tra colleghi di enti diversi, come facciamo noi quà sul Forum Italia, fruire webinar di diverse aziende ICT, leggere articoli in materia (su Medium c’è l’oceano), riusare software open source dal catalogo AGID e verificare se soddisfano le nostre esigenze, fare protocolli di intesa tra enti (es. tra grandi comuni, tra piccoli comuni) per l’adozione degli stessi software per gestire gli stessi processi (tributi, opere pubbliche, servizi scolastici, infrazioni codice della strada,…), e così via.
Questo bisogna fare dopo aver finito di leggere il Piano triennale dell’Informatica perchè leggere solo il Piano sicuramente non ci permetterà di transitare la nostra PA alla modalità digitale come il santo CAD prevede.
E fare un po quello che ha fatto il TEAM Trasformazione Digitale, tuffarsi dentro le cose da fare con metodo e rigore, ma soprattutto con risultati attesi entro un tempo x che può anche sforare quello del Piano triennale, l’importante è arrivarci a fare le cose con metodo, poi ci saranno sempre i primi, quelli a metà e gli ultimi ad arrivare, ma quello che conta, secondo me, è arrivarci tutti, aiutandosi gli uni con gli altri, non vedo altre vie (come ad esempio le sanzioni che non inculcano nuova cultura ma solo terrore). Creare un team interno di persone con passione e un minimo di conoscenza sugli argomenti dell’ICT, come abbiamo previsto nel nostro Piano triennale di Palermo.
Dotarsi di personale specializzato in servizi digitali, dopo avere accuratamente verificato CV, esperienze pregresse, professionalità, facendo tante domande le cui risposte possono aiutare il nostro ente a capire come superare attuali problemi di mancata re-ingegnerizzazione dei processi per la transizione al digitale degli stessi.
Secondo me, alla luce della mia esperienza di 30 anni dentro un comune, la transizione al digitale della PA è per il 70% un fattore di cultura (serena accettazione di lasciare la carta per nuovi strumenti di lavoro) e per il 30% uso di tecnologie finora non utilizzate.
Ma posso sbagliare…