La Direttiva e, quindi, il Decreto hanno introdotto la tipologia di serie di dati denominati “di elevato valore” definiti come quei “documenti il cui riutilizzo è associato a importanti benefici per la società, l’ambiente e l’economia, in considerazione della loro idoneità per la creazione di servizi, applicazioni a valore aggiunto e nuovi posti di lavoro, nonché del numero dei potenziali beneficiari dei servizi e delle applicazioni a valore aggiunto basati su tali serie di dati”.
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Tra i criteri esposti, ritengo che il più strategico e tecnicamente impegnativo sia quello riguardo alla combinazione con altre serie di dati.
Ho imparato per esperienza a dare grande importanza agli identificativi, siano essi codici (ISO o codelist SDMX ad esempio), o URI (in un ottica RDF) o altro (chiavi DB).
Credo che un grande lavoro sia stato svolto in questi anni nella semantica dei dati con il progetto OntoPiA e derivati, ma spesso in ambito open data si fatica a far dialogare fonti diverse.
Come si relazionano queste linee guida con gli aspetti semantici e il progetto National Data Catalog? Verranno trattati nelle guide operative citate?
Per i dati relativi alle imprese e alla proprietà delle imprese si cita la disposizione del regolamento [a livello di singola azienda]. Si intende nella sezione trasparenza dell’azienda, o ogni azienda dovrà avere un catalogo open data interno? E se così fosse si è prevista la possibilità di un catalogo unico che le racchiuda tutte?
Il mio timore è che si disperda troppo l’informazione e che poi sia difficile da unificare, governare e monitorare.
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Spero tanto anche io, come sottolineato da Mauro Melis, che il modello per il rilascio dei dati relativi alle imprese sia quello dell’ Open Ownership Register: https://register.openownership.org/
E che quindi sia tutto ciò che ora è a pagamento nel Registro Imprese ad essere reso pubblico, gratuito e in formato machine-readable, come in un paese democratico degno di questo nome
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