Buongiorno a tutti,
riporto la mia esperienza.
Il mio nome, italiano e comune nel vocabolario, termina con accento grave (come quello di molti altri, e come un’infinità di cognomi).
Registrandomi sull’App IO mi sono reso conto che i sistemi della PA avevano traslitterato l’accento grave del mio nome sostituendolo con l’apostrofo dopo la vocale finale; l’errore risultava meno evidente in tutti i miei precedenti documenti come C.F. e C.I. (versioni cartacee) che venivano battuti con caratteri mono-spazio per cui le vocali accentate maiuscole venivano sempre traslitterate con l’utilizzo dell’apostrofo (questo per necessità di battitura).
Ho chiesto la rettifica tramite portale digitale ANPR allegando il documento rilasciato dall’ufficio anagrafe del comune in cui sono nato (provincia di Brescia, certificato di nascita rilasciato ad uso documentazione nel 1993), in cui l’accento sul mio nome è riportato correttamente (n.b. il nome è riportato con l’iniziale maiuscola e le seguenti lettere minuscole, l’accento grave sull’ultima lettera).
In risposta, l’ufficio anagrafe del mio comune di residenza si è opposto alla rettifica sostenendo di aver acquisito il foglio originale del registro nascite, dove il nome era battutto a macchina tutto in maiuscolo con l’apostrofo dopo l’ultima vocale (nella classica logica della traslitterazione maiuscola, vedi anche Decreto Brunetta 2009) ed ovviamente, ragionando come automi, hanno fatto finta di non comprendere che il giorno successivo alla mia nascita lo stesso impiegato comunale aveva correttamente interpretato la traslitterazione grafica (maiuscolo più apostrofo) rilasciando ai miei genitori il certificato di nascita in cui il mio nome era riportato correttamente, accento grave sull’ultima vocale.
Il problema trova la sua origine nel passaggio dai sistemi di registro manuale delle nascite a quelli a macchine da scrivere portatili (ex. Olivetti Lettera) dove le tastiere non erano dotate delle maiuscole accentate, e per convenzione, si traslitterava il segno diacritico con l’apostrofo. Nel successivo passaggio dei dati analogici a quelli digitali la pubblica amministrazione si è limitata a “trasferire” quello che vedeva, senza interpretare il segno grafico.
Ricordiamoci che l’apostrofo così come utilizzato dalla PA per traslitterare una vocale accentata, non esiste nella lingua italiana. Per inerzia quindi, è stata sistematizzata un’oscenità linguistica, con tutti i problemi che ne derivano: se non storpio il mio nome i sistemi pubblici non mi riconoscono, in banca mi è stata sospesa una richiesta al fondo centrale per il semplice motivo che a loro il mio nome risultava con un carattere aggiuntivo (l’apostrofo).
Tutti noi conosciamo lo stato di alfabetizzazione della maggior parte degli impiegati pubblici, ma come è possibile che i vari Ministeri e Dipartimenti non si siano resi conto della vastità del problema? In Francia, Irlanda, Ungheria, e tutti gli altri paesi d’Europa che hanno segni diacritici intranome, come gestiscono i registri? Dobbiamo per forza essere riconosciuti per la pubblica amministrazione più ignorante del continente?
Ho fatto una verifica tramite una serie di persone di mia conoscenza con nomi e cognomi accentati (esclusivamente italiani, come Nicolò, Mosè, Macrì, di Gesù, Condò, Farnè, Rodotà, Mulè, … a tutti è stato storpiato il cognome con l’apostrofo nei vari sistemi digitali pubblici, per cui: Nicolo’, Mose’, Macri’, di Gesu’, ect …).
Oltre ad essere incostituzionale a mio avviso, questa situazione rischia di promuovere un’ignoranza linguistica diffusa; non è la pubblica amministrazione che opera in relazione alla lingua italiana, ma è la lingua italiana che si storpia per l’inettitudine della pubblica amministrazione. Come si pretende di insegnare ai bambini la differenza tra un accento ed un apostrofo se lo stato italiano non è in grado di distinguerli?
Spero che le testimonianze su questo forum possano stimolare azioni concrete per risolvere questa situazione grottesca, come ad esempio una lettera aperta ai Ministeri.