Nell’articolo Notifiche digitali via SEND: se il destinatario è una pubblica amministrazione? - L'archivista digitale @frantheman hai dato conto di uno schema di decreto ministeriale di attuazione dell’art. 3-bis comma 3-bis del CAD, risalente al settembre 2022, con cui finalmente si sarebbe inteso attribuire un domicilio digitale d’ufficio ai soggetti che ne fossero sprovvisti o il cui indirizzo fosse inattivo/invalido, per realizzare concretamente il principio in base al quale le PP.AA. comunicano col cittadino in forma elettronica. Mi chiedevo: ci sono stati dei passi avanti oppure, con la mutata governance nazionale, la cosa non è decollata? L’avvio del sistema, pur con alcune cautele del caso nei riguardi di soggetti anziani, disabili e poco alfabetizzati tecnologicamente, avrebbe risolto definitivamente i problemi di notifica degli atti delle PP.AA. togliendo di mezzo le doglianze artificiose, speciose e speculative sulla validità delle stesse, su cui si giocano contenziosi milionari (e d’altro canto, foss’anche per ragioni di tempo e/o di costo, renderebbe meno interessante o utile l’uso della piattaforma SEND-ex PND e, per affidabilità, meno necessario il ricorso agli operatori postali per le notifiche analogiche). P.S. forse è proprio per quello che non procede?
Ciao, a ben vedere (leggere), la bozza di decreto che si può leggere a partire da quel blog (grande punto di riferimento per la trasformazione digitale del Paese ), di fatto dice che SEND è il punto chiave per la comunicazione verso cittadini (non dotati di domicilio digitale proprio). Le p.a. dovrebbero passare da li’.
Siccome SEND in sé non è un domicilio digitale manca poi il pezzettino per mandare un avviso digitale con valore legale e senza passare da stampa e posta tradizionale. Nei fatti, questo pezzettino che manca sembra si stia colmando con app IO, con vari limiti che non sto a elencare.
Il punto di fondo è che SEND è partita molto ma molto male, tradendo ogni aspettativa rivoluzionaria che vi si potesse riporre. Fra costi esorbitanti, stime di uso con pagamento di anticipo, saldo a consuntivo, IVA dimenticata e recuperata sulle casse dell’ente e, soprattutto, implementazioni fatte alla leggera, aggiungendo dannosi silos ai sistemi della p.a. invece che fare ordine e, ancora, il fatto di averla spinta solo per le notifiche a valore legale in senso stretto addirittura elencando le tipologie documentarie ammesse…
Poteva essere il modo per comunicare con tutti allo stesso modo, conscendo solo il codice fiscale o poco altro, abbandonare i contratti capestro con i fornitori di servizi postali (il plurale è giusto per cortesia), risparmiare davvero e, soprattutto, velocizzare e semplificare. Invece no, per chi la usa divento solo un ulteriore distinguo da fare nell’iter di un procedimento. Peccato.
Concordo. Proprio per la inconcepibile farraginosità e costo nell’uso reale di SEND e per l’incognita e costo del servizio postale la disponibilità ubiquitaria e certa di un domicilio digitale (prescelto dall’interessato o assegnato d’ufficio) avrebbe fatto una differenza abissale. Se tutti hanno un domicilio digitale ‘autoritativo’ e se quindi la notifica diretta telematica ex art. 6 comma 1-quater CAD (o in base ad altra normativa settoriale) non presenta errori, sia la piattaforma SEND che la posta cartacea raccomandata tradizionale diventano improvvisamente superflui virtualmente per ogni atto notificabile (non ci sono più ragioni di preferire la prima: non ha effetti giuridici migliori né per l’Ente né per il destinatario, oppure di dover sottostare alla seconda: non si hanno le incertezze e lungaggini tipiche di quel modello di recapito).
Cito da un articolo che il caso ha voluto che leggessi poco prima di entrare nel Forum
QUOTE “Secondo i dati più attendibili forniti dall’indagine Piaac-Ocse del 2019, in Italia il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Questo significa che quasi un terzo della popolazione non è in grado di utilizzare efficacemente le abilità di lettura, scrittura e calcolo necessarie per affrontare le sfide quotidiane” UNQUOTE
Qualsiasi soluzione di comunicazione tra PA e cittadino non puo’ prescindere dal banale fatto sopra citato. Di gran lunga non si tratta solo di tecnologie, ma dell’intero approccio a partire dai concetti da segnalare e dalla lingua usata. L’anno scorso ho ricevuto una comunicazione digitale sulla mia casella postale di inps.it, un pdf, tutto perfetto e digitale a parte un dettaglio. La lingua era incomprensibile, non ho proprio capito che cosa mi volessero dire.
Non si tratta solo di rivedere SEND o di imporre a tutti l’uso della PEC. E’ l’intero approccio che va riconsiderato. Il digitale funziona bene dove resta la possibilita’ di un contatto umano (nel caso sopra citato: sono andato all’INPS a chiedere, problem solved). All’analfabeta funzionale o all’ottantenne ipovedente bisognerebbe poter dire “vai ai servizi di quartiere o chiama questo numero. C’e’ una comunicazione per te.”
Capisco tutte le difficoltà (e realisticamente mi rendo conto che non verranno mai colmati i divari, per quanto si possa fare), ma, come nell’evoluzione del trasporto pubblico non ci siamo fermati ai carretti e ai postiglioni, così nella digitalizzazione non possiamo restare ai blocchi di partenza. La ratio alla base della notifica di un atto è che deve garantire la c.d. “conoscenza legale”, che è un compromesso tra una conoscenza piena ed effettiva e un’esigenza erariale di stabilità degli atti. Il problema è che più sposti la lancetta in un senso o nell’altro più riduci il diritto di una delle parti a beneficio dell’altra (con l’aggravante che l’Ente pubblico gestisce molti rapporti giuridici di molte persone e può avere un carico importante). Io sostengo che l’opzione migliore sarebbe: 1) una piattaforma statale garante e fidefacente che attesta ogni fase dell’iter inoppugnabilmente fino a querela di falso; 2) l’Ente pubblico mittente carica l’atto in piattaforma (senza altre incombenze); 3) la piattaforma rende disponibile per 10 anni l’atto e le attestazioni agli interessati; 4) gli interessati vengono informati con posta semplice al loro indirizzo di residenza o di sede legale del caricamento dell’atto (senza altre incombenze); se vogliono i destinatari possono rendere disponibili altri punti di contatto (per essere informati più tempestivamente), ma non devono potersi lamentare di non essere stati edotti; 5) gli interessati possono scaricare l’atto dalla piattaforma, personalmente o tramite delegato, o farselo stampare presso punti abilitati (magari non intasando gli uffici mittenti); 6) la data di scaricamento o stampa non rileva mai, ma gli effetti per l’Ente decorrono dal caricamento e per il destinatario dal 15.mo giorno successivo al caricamento; il destinatario è sempre e comunque onerato della verifica periodica se sono presenti atti che lo riguardano in piattaforma; 7) nessun costo di operatività della piattaforma dovrebbe essere a carico dell’Ente mittente, ma andrebbe posto a carico del destinatario cumulando gli oneri di un determinato periodo. Come si vede ci sono grosse analogie con l’implementazione della SEND, depurate però da molte sovrastrutture arcaiche che ritengo senza senso: quanto più introduci passaggi dilatati nel tempo e fallibili quanto più il destinatario “anguilla” sfuggirà al perfezionamento di un atto che ha motivo di ritenere pregiudizievole per sé …
Sostanzialmente d’accordo, modificherei alcuni punti (ma sono questioni di dettaglio)
Siamo in Italia, non in Svizzera
Considerato che in IT i costi sono perlopiu’ di sviluppo e non di gestione/ operazione, metterei una piattaforma di questo tipo a carico della collettivita’. Anche perche’ se mi viene notificato un atto dove l’Ente ha torto e dimostro di non dovere nulla, pagare la raccomandata, anche se digitale, non mi farebbe piacere. Ma probabilmente la stessa gestione dei costi e dei pagamenti, con relativa perdita di tempo dei cittadini coinvolti, avrebbe un costo superiore agli introiti.
Qui cadiamo in un aspetto per il quale ci vorrebbe una soluzione generale, ben consci che la perfezione non esiste e che compromessi, anche al ribasso, sono necessari. Dove passa il confine tra il cittadino onesto che si scontra con la complessita’ delle norme, o con problemi oggettivi e dei quali non ha colpa, e quello furbo che cerca di svicolare e non farsi prendere? Vedrei volentieri una combinazione di garantismo al primo errore, pragmatismo per i passi successivi, infine l’applicazione del principio americano del “three strikes and you’re out”, magari alzato a four o five ma non di piu’.
Altro aspetto riguarda i furti di identita’. Il pensionato in casa di riposo e’ ideale. Puo’ ricevere tutte le notifiche che si vuole, tanto non le legge e nemmeno potrebbe reagire. Alcuni anni prima la badante gli aveva sottratto CIE e PIN, faccenda lontana, dimenticata. E le segnalazioni gli restano nella buca delle lettere, forse il nuovo inquilino gliele caccia via, cartaccia ingombrante.
Ci sono statistiche / dati oggettivi sul numero o percentuale delle comunicazioni che non fanno a buon fine perche’ il destinatario e’ irreperibile e non risponde a SMS / email / PEC e raccomandate?
Sono decenni che si lavora in questo senso nella pubblica amministrazione.
Da interna però devo dire che 1) c’è un limite a quanto una PA deve abbassarsi all’analfabetismo del cittadino. Ok impegnarsi a farsi capire, ma anche tu hai il dovere di sforzarti un pò e almeno leggere (il che spesso non avviene, c’è gente che arriva con le lettere chiuse e chiede “che volete?”) 2) tutto sarebbe più facile se gli avvocati non cavillassero sui termini non tecnici: io scriverei le cose in italiano e non in legalese, se solo il provvedimento non venisse impugnato (e annullato dal TAR!!) perchè non è motivato in modo tecnico!
In realtà, però, almeno per come la vedo io, SEND resta comunque utile. Anche in una situazione in cui tutti abbiano un domicilio digitale (una PEC).
Infatti, ti risolve almeno due problemi:
- dimensione dei file trasmessi;
- gestione di caselle piene/irragigungibili.
Lo fa secondo regole uguali per tutti, in modo centralizzato e, sopratuttto, con tutto un apparato normativo di legge a contorno. Diversamente o fai uno standard da applicare presso tutte le 20-30mila p.a. e controlli che sia applicato, oppure ognuno si arrangia: in entrambi i casi sono implementazioni di processi e costi maggiori.
Il problema delle spese di notifica @GiP si pone per qualsiasi atto notificato, non solo atti pregiudizievoli (a chi le facciamo pagare? PagoPa Spa con la SEND dice: le paghi tu Ente mittente, il che significa: tutti noi … è giusto? è sbagliato? Boh, anche perché nell’affidamento a Poste Italiane delle notifiche analogiche di SEND il corrispettivo per il servizio da garantire a P.I. non è proprio bassino, è poco più sotto della tariffa di una raccomandata A/R, con l’incognita della replicazione dei costi in caso di più notifiche susseguenti). Parlo di posta semplice come contorno informativo informale per ridurre i costi e responsabilizzare il cittadino diligente senza aggravare l’ente (perché se restiamo alle raccomandate tanto vale spedire l’atto direttamente invece del c.d. avviso di avvenuta ricezione).
Ritengo che, come già detto da @Elena_S , il cittadino si possa anche svegliare, non possiamo fare da babysitter a tutti: se è in grado da solo le cose le fa, altrimenti si fa aiutare. Io ho un motto: “hai diritto di essere ignorante, ma non puoi pretendere di esercitarlo gratis”.
@frantheman leggevo anni fa che poco più di 3 notifiche di atti su 4 in Italia sono a rischio nullità per violazioni varie dell’iter procedimentale svolto (es. manca un passaggio, una fase non è compiuta o non è correttamente documentata, la notifica non si è perfezionata ecc…); penso che questi fatti siano gravissimi: è chiaro che, data l’importanza critica dell’attività notificatoria (c.d. fase integrativa dell’efficacia) e il rischio di impatto travolgente sull’iter sottostante (qualunque sia l’atto e l’ambito operativo in cui si situa) bisogna arrivare al punto di “securizzare” e semplificare moltissimo gli iter di notifica, anche per ridurre il carico di lavoro improbo degli Enti , prevenire inutili doglianze troppo spesso cavillose in giudizio e minimizzare la probabilità che tutto l’iter sia posto con facilità nel nulla. Per me è indifferente come soluzione la spedizione a un indirizzo PEC attribuito a tutti gratis e senza limiti di spazio, oppure il caricamento di un atto nell’area riservata di una piattaforma centralizzata (la logica di entrambe le opzioni è che l’Ente ponga in essere un nucleo super-minimale di incombenti e poi non ci siano altri supplementi, ostacoli, oneri, adempimenti a suo carico). Se poniamo in capo al destinatario dell’atto una conoscenza legale sempre e comunque inoppugnabile e non ripudiabile decorso un certo tempo dal compimento della spedizione PEC o del caricamento piattaforma a me va bene; basta che si tolgano di mezzo quelle procedure barocche ottocentesche che, con la scusa di dover portare a conoscenza effettiva del destinatario un atto, aiutano i furbi a danno degli Enti. Tu cittadino non hai letto la PEC o non hai fatto l’accesso alla piattaforma, anche per interposta persona, entro un certo termine di tolleranza? Affari tuoi, ne subisci le conseguenze, senza che l’Ente sia onerato di una caccia al tesoro di uno che gioca a nascondino: gli “irreperibile, sconosciuto, trasferito” delle poste sono un evergreen (e questo vale per qualunque atto che incida sulla sfera giuridica del soggetto: tributi, entrate patrimoniali, infrazioni stradali, edilizia privata, altri provvedimenti ablatori ecc…)
Aggiungiamo che da questa casella PEC parta la segnalazione che c’e’ un messaggio in arrivo via uno o piu’ indirizzi email, SMS, raccomandata a uno o piu’ destinatari con spese a carico del destinatario e la soluzione sarebbe inattaccabile, valida nel 99,x% dei casi. Standard per gli enti e corretta per il cittadino che puo’ scegliere tra numerosi canali per la segnalazione, compresi quelli digitali gratis. Con la possibilita’ di coinvolgere, se lo si vuole, parenti, tutori, l’avvocato, ecc.
Arrivera’ prima questa soluzione o un mezzo razionale di pagamento per il passaporto?