Servizi Digitali - Integrazione e Formazione

Cerco di aggiungere due spunti.

Quando parliamo di introduzione dei servizi digitali, parliamo di un percorso che racchiude tecnologie, software, eventualmente hardware, prodotti e persone.

I due gap maggiori che spesso vedo nella PAL (pubblica amministrazione locale), ovvero i 70 comuni medio-piccoli di cui ci occupiamo come IT sono:

  1. arriva una norma che porta alla digitalizzazione di un servizio sottoforma di una qualche legge o informativa governativa
  2. non viene fatta formazione, quindi spesso il personale si affida a quanto viene spiegato dalle software house per implementare quanto è indicato dalla normativa. Questo toglie possibilità di avere spirito critico, perchè diventa un “comprare una soluzione ad un problema” avendo poca cognizione di causa. Nonchè possibilità di scelta: compro quello che mi dà la software house che ho già.
  3. inoltre spesso capita che servano delle integrazioni con prodotti di terzi, piattaforme, altro e la software house a cui si fa riferimento le fa facendole pagare. In assenza di queste integrazioni seguire la norma comporta un aggravio di lavoro e quindi viene vista come un peso.

Es. spc-cloud offre la conservazione sostitutiva. La software house offre un servizio di conservazione sostitutiva per cui fai un click e ti salva il documento nel cloud della software house e sei a posto.
Se prendo da spc-cloud la conservazione non ho questa integrazione e la software house non è interessata a farla visto che offre lei il servizio. Per cui se prendo lo spazio di conservazione a un buon prezzo da spc-cloud dopo devo fare il lavoro a mano di conservazione e non ho più l’integrazione diretta nell’applicativo.

Per cui volevo sottolineare che spesso nel processi di digitalizzazione:

  1. manca formazione al personale della PAL per capire cosa sta succedendo, coinvolgendo le persone in un processo di cambiamento fondamentale, fondamentale come processo, fondamentale come necessitĂ  di coinvolgere le persone
  2. mancano le integrazioni necessarie a rendere oltre che i prezzi buoni, il lavoro snello

Le mie sono analisi in ottica costruttiva.

Andrea

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Non si può che sottoscrivere.
Così come non si può che evidenziare questo aspetto fondamentale :

Questo è un “pattern” molto frequente anche nelle PAL più grandi ed è un’enorme problema che rende difficile portare avanti il processo di digitalizzazione così come delineato agli articoli 12 e 15 del CAD.
I Dirigenti con la scusa che la soluzione è “informatica” smettono anche di studiare la normativa di settore e, come giustamente sottolinei, chiedono al fornitore di occuparsi anche di questo aspetto. Con conseguenze nefaste per chi poi deve comporre un sistema informatico rabberciando micro pezzetti fra loro completamente scollegati (perchè diciamocelo, sarà anche l’era dell’API Economy ma l’interoperabilità è un concetto ancora sconosciuto nella PA e nei sui fornitori)
Fra l’altro questo atteggiamento rende impossibile anche a chi come noi ha capacità interne, di portare avanti progetti di digitalizzazione: perchè fare fatica a fare l’analisi assieme a quelli dell’informatica se il fornitore mi fornisce la soluzione (apparentemente) completa senza che io debba fare nulla ? E poco importa se poi mi devo adeguare alle loro logiche … l’importante è trovare tutto pronto senza dover fare nulla!

Come se ne esce ? Difficile da ipotizzare una soluzione, si tratta di un problema culturale che difficilmente, anche avvalendosi di quanto previsto dall’art. 13 del CAD (specialmente al nuovo comma 1-bis) potrà essere affrontato con successo senza un cambio generazionale.

Riguardo all’interoperabilità il Piano Triennale dà degli spunti davvero interessanti, avvicinando finalmente anche la PA italiana agli standard di mercato e ad un’idea di sistema informatico moderno (spingendosi fino ai microservizi). I principi sono ottimi, la realtà però molto distante e i fornitori tutto meno che interessati a vendere soluzioni interoperabili.

E qui si ritorna al primo problema della mancanza della cognizione di causa: è più facile comprare un unico gestionale monolitico che fa tutto (è questa l’idea di interoperabilità di molti dei fornitori della PA) oppure stare a progettare un sistema composto da servizi che dialogano fra loro ? La domanda è chiaramente pleonastica perchè, specialmente nella PAL non esiste ormai più nessuno che sappia fare questo (e qui un grande ruolo potrebbero svolgere le società come la vostra).

@Andrea_Tironi1 è comunque ora che di questi temi si tratti e si discuta e trovo questo forum una grande opportunità. Speriamo si aggiungano molti altri interlocutori…

Vorrei aggiungere una considerazione dal punto di vista formativo.

Il livello formativo, o di coinvolgimento o di “vendita delle nuova digitalizzazione” è molto orientato al cittadino. Perchè la macchina funzioni però serve di “vendere” bene le nuove possibilità di digitalizzazione anche ai seguenti 2 livelli:

  1. amministratori
  2. dipendenti

Facendo vedere loro i vantaggi reali che possono avere sul medio termine seguendo le nuove linee di digitalizzazione e implementazione di nuovi servizi IT. Essendo l’IT una cosa tipicamente pensata come costo, va trovato un modo quando si propone una nuova implementazione di far capire anche ad amministratori e dipendenti i vantaggi che ne derivano.

Es. ANPR: a chi serve? Non tutti riescono a trarre motivazione dal partecipare alla creazione della “grande anagrafe nazionale” soprattutto i funzionari dell’anagrafe che vedono il loro ruolo in prospettiva desautorato. Gli amministratori tipicamente non sanno nemmeno cosa sia, se non un eventuale costo di bonifica da girare alla software house. Come si può ammorbidire questa situazione in modo da avere collaborazione?

Es. SPID: molto bello metterlo sul proprio portale comunale. Ma alla fine a chi giova? Ai dipendenti non interessa, agli amministratori men che meno se non a qualche amministratori illuminato.

Es. CyberSecurity: come posso motivare ai miei amministratori che devono cambiare i firewall perchè le nuove misure minime di sicurezza ICT prevedono A,B,C,D? Per loro è un costo, il sistema va comunque, quindi perchè cambiare? E poi “chi vuoi che attacchi il comune X con 1000 abitanti dai …”

Insomma, serve un approccio anche culturale oltre che normativo e tecnico, che può passare dal coinvolgere tutti i partecipanti ad un processo progressivo ed inesorabile.

Provo a fare alcuni esempi:

  1. un documento che spieghi in un A4 le nuove necessitĂ  sulla cybersicurezza inviato dalle Prefetture ai Sindaci.
  2. un documento sempre inviato ai Sindaci che sensibilizzi sullo SPID e il processo di ANPR, in modo che quando poi come ced interno o come sovraentità IT esterna si cerca di spingerli, si ha un endorsment da entità da loro riconosciute come il governo o la prefettura senza dover iniziare da: “cosa è lo spid?” … se la spinta viene dal basso viene sempre percepita come un costo o come la volontà di fare una fornitura. Se invece arriva dall’alto oltre che dal basso, solitamente le persone iniziano a farsi qualche domanda in più …

Andrea