nel paragrafo sulla realizzazione dei progetti [1] del Piano triennale, viene stabilito quanto segue:
Nominare un Technical Project Manager, ovvero una persona che, all’interno dell’ente o comunque non legata all’impresa che realizzerà il prodotto, abbia forti competenze sulle tecnologie che andranno ad essere utilizzate e sia in grado di verificare la qualità del lavoro, aiutando nel coordinare le attività. Questa figura può essere individuata nel direttore dell’esecuzione dei lavori previsto dal Codice degli appalti o in un suo delegato.
Viene quindi data giusta rilevanza alla figura del project manager e queste viene associata alle figure previste dal Codice appalti.
Nelle prossime versioni del piano, andrebbe forse prevista la definizione di una metodologia nazionale di project management, facendo riferimento a best practice internazionali come PRINCE2 del governo uk, per evitare che i contenuti dei vari ruoli siano interpretati in ogni PA diversamente.
Restando sul ruolo in generale di chi dovrebbe portare avanti i progetti di innovazione, sarebbe interessante che le prossime versioni del Piano triennale mettano in capo delle “linee di azione” per rendere effettivo quanto previsto dal CAD all’art.15, comma 2-ter, ovvero:
2-ter. Le pubbliche amministrazioni, quantificano annualmente, ai sensi dell’articolo 27, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, i risparmi effettivamente conseguiti in attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2. Tali risparmi sono utilizzati, per due terzi secondo quanto previsto dall’articolo 27, comma 1, del citato decreto legislativo n. 150 del 2009 e in misura pari ad un terzo per il finanziamento di ulteriori progetti di innovazione.
Si tratta di una norma totalmente disapplicata, capace invece di incentivare chi deve realizzare i progetti di cambiamento.
Altrettanto disapplicata è la norma del Codice appalti che incentiva RUP e direttori dell’esecuzione (quindi il Technical Project Manager) per quanto riguarda progetti di servizi e forniture (e quindi anche i progetti di ICT). Mentre tale incentivo è previsto ed attuato da decenni per i progetti di lavori pubblici (infrastrutture come ponti e rotonde) viene negato dalle PA per i progetti di ICT (le infrastrutture immateriali non sono viste come investimenti… neanche se la spesa è di milioni di €, sono sempre associate alle forniture di stampanti o a servizi come le pulizie degli edifici).
Si può fare qualcosa di sistema per spingere le PA ad adeguare i loro regolamenti sugli incentivi alle norme del CAD e del nuovo Codice appalti?