Salve Leonardo, piacere di conoscerti.
Ahimè, pur comprendendo la fatica, temo che non abbiamo alternative.
Come tu stesso rilevi, da un punto di vista legale, non potremmo agire diversamente da come agiamo.
Contrariamente a quanto si pensi, le nostre PEC seguono una prassi consolidata nelle segnalazioni di illeciti alle Pubbliche Amministrazioni che ne sono responsabili, ideata per tutelare i funzionari che ne rispondono legalmente.
Infatti, se una PA sana prontamente un illecito non appena ne viene a conoscenza su segnalazione di un comune cittadino, fatte salve eventuali responsabilità penali, il legale rappresentante non può più essere chiamato a risponderne. Può infatti sostenere di non essere stato a conoscenza dell’illecito fino alla data della segnalazione (la PA è una macchina estremamente complessa).
Per contro, se la PA non sana prontamente l’illecito segnalato, il legale se ne assume pienamente la responsabilità, non potendo più sostenere di non esserne stato a conoscenza.
Come mi hanno spiegato gli avvocati che collaborano al progetto Monitora PA, questa prassi persegue due scopi: minimizzare la durata dell’illecito e minimizzare i rischi per la PA.
Se il funzionario sana prontamente l’illecito, si minimizza la durata; se non lo sana, si minimizza il rischio per la PA, che potrà rifarsi sul legale rappresentante per sanzioni, risarcimenti e via dicendo.
Il nostro intento, ovviamente è sanare questa forma di illegalità diffusa in questo Paese, che danneggia milioni di italiani i cui dati personali sono utilizzati per manipolarne in vario modo il comportamento, riducendone la libertà e svuotando di significato la nostra Democrazia.
In realtà il traguardo è piuttosto vicino: basta bonificare i propri sistemi informativi, sostituendo i servizi statunitensi (o russi o cinesi o…) con analoghi servizi europei.
E questo non vale solo per le PA, ma per qualsiasi organizzazione che tratti dati personali, pubblica o privata.
Per la PA è però più semplice, perché oltre al GDPR, la normativa vigente include il CAD al cui articolo 68 si impone l’utilizzo di software libero o opensource ovunque sia tecnicamente possibile (stabilendo la necessità di una accurata valutazione comparativa che dimostri tale impossibilità tecnica prima di scegliere un software o un servizio proprietario).
E le alternative sono innumerevoli, come mostrato recentemente in un incontro organizzato per 150 scuole dal Provveditorato di Vicenza e dall’Intendenza Scolastica di Bolzano: PNRR e Scuola 5.0. Consigli per investimenti rispettosi di CAD e GDPR.
Il capitalismo di sorveglianza è un cancro.
L’Italia, purtroppo, è piena di metastasi.
La guarigione è difficile e faticosa.
Ma l’alternativa è peggiore!