Windows 7 - Consip

Sono stato all’open source day a Roma e secondo me l’open source dovrà essere il prossimo passo per avere una PA efficace ed efficiente. I soldi risparmiati sulle licenze Windows sarebbero sicuramente un investimento formativo. Sono un programmatore e uso ormai da anni linux e ovviamente essendo un tecnico il mio commento potrebbe essere fuori luogo in questo ambito. Tuttavia con Windows 10 dovrete sicuramente provvedere ad un adeguamente anche dell’hardware. I client linux debinan e derivate hanno interfacce simil windows che non vi faranno rimpiangere windows…anzi. le vecchie procedure possono essere virtualizzate o messe in containers. Ho scritto dei progetti opensource per mio diletto e nel mondo open ci sono moltissime opzioni. Per non parlare del lato sicurezza. Un client linux puo’ navigare in sicurezza praticamente senza antivirus con alcune restrizioni sul file system lo si puo’ isolare…Insomma ci sono davvero molte cose che si possono e (spero) si dovranno fare nel futuro. Una macchina linux per la P.A. paolo mi sembra un’ottima idea. Sarei lieto di dare un contributo in questa direzione.

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Oltre a realizzare una distro in qualche modo “certificata” o “pa compliant” e/o fare un percorso di compliance per alcune distro, potrebbe essere interessante anche mappare le applicazioni che hanno problemi a girare su linux in modo che gli autori (PAC, inhouse …) ci possano lavorare per rendere le applicazioni so (sistema operativo) indipendent (web sarebbe il massimo) e abbattere i costi associati ai desktop nella PA.

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Uno degli impedimenti alla migrazione verso i sistemi Open è il tempo. Ricordo che qualche tempo fa il comune di Monaco di Baviera intraprese questa migrazione col progetto LiMux (Linux in Munchen) prevedendo di terminarla in 10 anni circa (ed i tedeschi se decidono di fare una cosa la fanno).
Nelle PA italiane i manager non durano tanto da portare a compimento progetti simili e manager che viene Progetto che va a p… (farsi benedire).
Poi bisogna riconoscere che molti progetti OpenSource partono a mille senza mai arrivare ad una vera maturità.

Le PA utilizzano moltissimo Linux, ma principalmente lato server.

Lato client, non c’è la domanda. E quindi neanche l’offerta.

  • al 99% dei dipendenti, poco gliene importa. Aggiungo che spesso i colleghi più restii ad abbandonare Windows oppure Office sono proprio alcuni informatici.
  • ai dirigenti non conviene “rischiare”. Migrare comporta tempo, soldi, competenze. Una volta si diceva “Nobody ever got fired for choosing IBM” e questo vale anche per Windows.

Il mercato quindi si regola di conseguenza. Finché non interverranno fattori esterni (ad esempio norme più stringenti, oppure sanzioni per danni erariali) non credo cambierà molto. Purtroppo.

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Buongiorno a tutti,
vorrei che l’oggetto cambiasse in “Linux e open source: perchè no?”.
Brevemente: sono un semplice utilizzatore di software e hardware nella pubblica amministrazione (ispettore tecnico all’Ispettorato nazionale del lavoro), ma, personalmente utilizzo l’open source, compreso Linux, da circa 15 anni.
Da oltre due anni lavoro anche a casa in smart working utilizzando gli “strumenti” personali. Tutti open source. Non ho più nessun problema di compatibilità con i gestionali predisposti dall’INL. Quelli che ho avuto, li ho risolti da solo. Non sono stati pochi e tutti derivanti dal monopolio Microsoft.
Quindi, mi rendo conto dell’importanza del tema e tutte le volte che ho potuto, ho cercato di far cambaire qualcosa, ma come avete già ampimente detto è “difficile”.
A questo punto, perchè non interessare le segreterie nazionali dei principali sindacati? La scelta diversa per il software open source rappresenterebbe un risparmio economico dirottabile in istiuti contrattuali che sono sempre sofferenti di risorse economiche. Sopratutto adesso che è in discussione il CCNL delle funzioni centrali.
Che ne pensate?

Grazie. Saluti.
Massimo

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Tu hai risolto in autonomia i tuoi problemi di compatibilità, ma molti tuoi colleghi non ne saranno in grado e si troveranno ad aver bisogno di assistenza, e l’assistenza e la formazione sono costi (più o meno evidenti). Come quantificare, alla fine, questo “risparmio dirottabile”?
A mio avviso, la scelta dell’open source non può essere guidata da una motivazione economica, non è sostenibile in questo senso e probabilmente non è nemmeno vero che si spende meno…

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Grazie per la risposta,
certo, i miei colleghi non saprebbero dove mettere le mani. Perciò servirebbe un cambio radicale delle scelte informatiche nella PA. Direi anche culturale.
Non sono un esperto di economia, ma vedo che i costi per l’assistenza e la formazione ci sono anche adesso. Forse sono gli stessi. Si potrebbero solo cambiare mezzi e obiettivi.
Ovviamente, la scelta principale dev’essere quella etica (imperativa per i soldi di tutti) e il rispetto delle norme già esistenti. Ho parlato degli aspetti economici, perchè le prime due motivazioni le davo per scontate.
Allora, che fare? Rassegnarsi alle scelte attuali che sono in contrasto con tutto quanto detto?
Possibile che la Corte dei Conti non abbia nulla da dire?

Grazie. Saluti.
Massimo

Benvenuto,
In quanto stimi il risparmio?
E da cosa dipenderebbe?
Software open source sulle postazioni dei dipendenti pubblici?
O anche software open source lato server?
Sicuri che l’open source non si porta comunque dietro dei costi significativi? (assistenza e manutenzione non sono costi eliminabili, come già osservato).
Diffusione e standardizzazione sono aspetti da tenere in considerazione.
Insomma, non è tutto oro ciò che è open source.
Anche sugli aspetti etici e di controllo diffuso l’open source non è garanzia.
Controllo diffuso da parte degli utenti: si è visto con app IO (opensource con codice pubblicato interamente su GitHub), che, fino a che non è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali, nessun membro della comunità si è accorto o ha segnalato le evidenti violazioni (una emblematica: passare a google la geolocalizzazione dell’utente per scaricare un font. oppure il tracciamento delle azioni fatte nella app su server americani quando si poteva installare il server di analisi on premise oltre che implementare strumenti di monitoraggio mirati). E il garante è partito non dall’analisi del codice open ma dall’uso della app in un ambiente controllato.
Etica o compliance alle norme sulla protezione dei dati (personali e non), uguale: un’installazione all’acqua di rose di Jitsi è più etica e sicura dell’uso di Zoom?

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I costi di assistenza e formazione, ad oggi e almeno nella mia esperienza, sono per i vari applicativi gestionali: si dà per scontato (sbagliando, spesso) che tutti sappiano utilizzare una postazione (con OS Windows = “standard”), un foglio di calcolo, un software di videoscrittura.

Esatto, e dovremmo diffondere e standardizzare OpenSource, invece di considerare Windows lo standard e una postazione Linux qualcosa di esotico e strano. Per questo, suggerivo una distro “Linux per la PA”, qualificata, certificata, PA compliant, in linea con le Misure Minime… insomma, con tutte le carte in regola per diventare lo standard.
Non c’è risparmio e c’è tanto lavoro.

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Software open source sulle postazioni dei dipendenti pubblici?
Perchè no? La mia amm.ne utilizza diffusamente LibreOffice, ThunderBird etc. sulle PDL senza alcun problema anzi spesso sono più flessibili dei corrispettivi legacy. Ovviamente possono essere necessari anche sw proprietari per specifiche esigenze.

O anche software open source lato server?
Probabilmente il DB per i dati core business resterà proprietario (ma con Os *nix) ma per webserver, proxyserver e tanto altro già non c’è partita.

Ovvio che assistenza e manutenzione restino praticamente invariati.

Diffusione e standardizzazione sono aspetti da tenere in considerazione.
questi due aspetti normalmente sono in contrasto (a meno che citando Gestner “il bello degli standard è che ognuno può farsi il proprio”) e personalmente preferisco l’aderenza a standard internazionalmente riconosciuti.

Anche sugli aspetti etici e di controllo diffuso l’open source non è garanzia.
Ancora meno lo sono dei sw che nessuno può analizzare.

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Ciao Giulia,
concordo con te.
Molti pensano che Windows=“standard” ma non è cosi.
Sul tema della compliance, non mi sembra che i sistemi operativi proprietari siano certificati compliance…o sbaglio?
Rispettano il GDPR? (per le pubbliche amministrazione si deve avere un sicurezza, e privacy maggiore rispetto agli utenti domestici)
Non per ultimo, rispetto del CAD (art. 68 e 69) relativo al riuso ed efficentamento della P.A.
Comparazione per iscritto delle soluzioni tra Open-Source e proprietaria.
Ti lascio il link ad un documento che potrebbe aiutare alla causa.
Grazie per il tuo intervento!
Un caro saluto.
Albano

Da utente linux (ultimamente sempre meno) a casa, di “perchè no” sul luogo di lavoro ne ho talmente tanti che ci scriverei un trattato, ma non ho tempo. Comunque direi che ne avessimo discusso anche in altri thread.
Mi pare che in Emilia qualcuno abbia fatto passi verso linux già parecchi anni fa anche pubblicizzandoli assai, poi però non si è più saputo niente. Magari @giuliamacchi ne sa qualcosa?

Il problema che vedo per linux su ambienti non amatoriali è che non offre la capacità di gestione centralizzata che ha windows. Voglio imporre uno sfondo? Si può fare in maniera semplice e centrallizzata. Voglio bloccare l’accesso via password e consentire solo via chiavi fido o biometrico? Idem. Voglio far funzionare solo le penne usb di un certo marchio e inibire tutto il resto sulle porte usb, potendo variare la regola al volo senza toccare le macchine? Se mi odiassi potrei. Su linux significherebbe un bagno di sangue nella migliore delle ipotesi con forti dubbi sui criteri più particolari. Idem per gli applicativi, mettere in mano all’utilizzatore medio, che ha iniziato a lavorare con office e da lì non si è staccato, libre o openoffice significa fermarlo per settimane o mesi mentre tenta di pescare i bottoni giusti, nel caso esistano.

Tornando al topic del titolo, non ci si sveglia oggi per il problema EoL 7, andava pensata anni orsono :slight_smile: Tra le rogne del covid(che ha aggiunto in certi casi fino a sette-otto mesi per certi tipi di computer) e del sito AcquistiInRete che funziona un giorno no e l’altro pure, bisognava attivarsi almeno un semestre fa per ottenere qualcosa in tempi umani(prima della scadenza in questione).
Il mio consiglio, se si fallisce nella tempistica, è di valutare Windows365 come tappabuchi fintanto che non arrivano le macchine nuove, usando gli attuali pc windows 7-8 come thin client(basta un browser per usarlo).