Considerate che l’art. 40 CAD già impone la formazione dei documenti della P.A. come originali informatici (e quindi il problema della dematerializzazione in uscita non si dovrebbe più porre). Residuano alcuni problemi: 1) poiché gli interlocutori della P.A. (destinatari degli atti) spesso sono privati non “tecnologicamente introdotti” copie analogiche di documenti informatici sono imprescindibili (finché esisterà anche un solo soggetto non in possesso di un domicilio digitale attivo o una sola tipologia di atto per la quale, giuridicamente o materialmente, non sia possibile una notifica digitale o l’applicazione della firma elettronica prevista): non si può pensare di escludere una ancora larga fetta di popolazione solo perché non informaticamente aggiornata; 2) in entrata il florilegio di tipologie di mezzi di trasmissione da parte del privato e correlati mezzi di ricezione da parte dell’Ente presuppone l’acquisizione corretta del documento in capo al protocollo informatico (se le regole del protocollo informatico e della gestione e conservazione documentale sono rispettate, se); 3) peraltro l’art. 65 CAD sulle istanze e richieste alla P.A. è in parte inattuato (vedi PEC-ID) e in parte scollato dalla realtà concreta delle interazioni privati-PP.AA. (quanti privati inviano agli uffici email PEO con richieste o modulistica con firma autografa e scansionati o fotografati? Quanto sono diffuse le firme digitali ed elettroniche qualificate? Quanto è rischioso confidare in firme elettroniche diverse sul fronte probatorio nel quadro regolatorio attuale?); 4) per quanto ne so la fascicolazione informatica dei documenti è pochissimo usata negli Enti pubblici (a fronte della prassi di vecchi raccoglitori, faldoni e cartelle cartonate zeppe di documenti cartacei raccolti, spesso non vi è una sistematica replicazione informatica e collazione di documenti informatici), anche perché in molti casi si ha a che fare con mini-procedimenti che si esauriscono in poche battute (richiesta-replica) e non hanno un seguito. 5) il protocollo in entrata/uscita e la parte del software gestionale usato per la trattazione dei procedimenti (oltretutto spesso molto eterogenei) devono, per una migliore produttività, essere connessi ed integrati, quindi un sistema esterno o centralizzato di gestione procedimentale, a mio avviso, ha poco senso nell’amministrazione pubblica multidimensionale (le esigenze di ciascuno sono diverse…). 6) poiché, salvo casi patologici (es. silenzio c.d. significativo) i procedimenti si concludono con un provvedimento espresso entro un tempo determinato, si può ipotizzare che, se il cittadino non l’ha ricevuto, significa che il procedimento non è concluso (non ha molto senso da parte del privato aspettarsi comunicazioni di “fine fase”, quando in realtà l’istruttoria è ancora in corso, le fasi non sono sempre precisamente scandibili e non ci sono interlocuzioni/integrazioni da richiedere medio-tempore).
P.S. per quanto riguarda l’interoperabilità ho già detto altrove Link, meglio una piattaforma di stoccaggio centrale di dati (banca dati di interesse nazionale), alimentata periodicamente con un sistema di interscambio e ad accesso riservato in consultazione da parte degli uffici interessati, piuttosto che un accesso diretto bidirezionale tra PP.AA. (che presenta molte problematicità anche in ordine all’attualità del dato magari in lavorazione).