Salve, ho sfogliato il thread che hai richiamato e letto alcuni passaggi con attenzione.
Una premessa capziosa: non chiamiamola conservazione “sostitutiva”. Non stiamo più conservando oggetti digitalizzati in sostituzione degli originali cartacei, ma stiamo proprio conservando oggetti nati digitali.
Credo che ridurre la questione della conservazione digitale all’aderenza alla norma nazionale UNI SinCRO sia veramente riduttivo.
Accreditato o meno, il soggetto conservatore deve mettere a disposizione un sistema di conservazione che sia conforme a quanto previsto dalle regole tecniche (dpcm 3/12/2013, già linkato). Giusto per citarne un paio, questo riporta espressamente due requisiti del sistema di conservazione:
- art. 8, comma 2, lett. h): [il manuale di conservazione riporta] “la descrizione delle procedure di monitoraggio della funzionalità del sistema di conservazione e delle verifiche sull’integrità degli archivi con l’evidenza delle soluzioni adottate in caso di anomalie” - quindi il sistema di conservazione deve prevedere queste funzionalità, fra cui verificare che i file conservati siano integri e leggibili (non so, per esempio, quanto infilare delle fatture elettroniche in un cd e riporlo in uno scaffale possa sodidsfare questo requisito) e avere un piano in caso di problemi;
- art. 12, " sicurezza del sistema di conservazione": pur nella fumosità dei riferimenti normativi (superati, abrogati, in via di revisione ecc.) il soggetto conservatore e il sistema di conservazione devono gestire la sicurezza informatica.
Più in generale, le stesse regole tecniche fanno riferimento, nell’allegato 3, a norme tecniche e standard da applicare in un sistema di conservazione. Fra queste la norma ISO 27001 (a proposito dei già citati requisiti in tema di sicurezza informatica) e, soprattutto, lo standard OAIS (Open Archival Information System) - ISO 14721, che fornisce il modello concettuale di un sistema di conservazione digitale (fra i tanti aspetti, che magari non riguardano il mondo fattura elettronica, va affrontato anche il tema della migrazione dei formati per rispondere alla loro obsolescenza).
Il fatto che un privato non debba rivolgersi necessariamente a un conservatore accreditato non significa che in ambito privato la conservazione non debba soddisfare gli stessi requisiti. Semplicemente questi non sono valutati prima dell’inizio dell’attività di conservazione tramite il processo di accreditamento. In più, vado a memoria, il conservatore accreditato ha bisogno di soddisfare requisiti ulteriori quali ad esempio l’impegno a versare a sua volta i dati ad un altro conservatore in caso di cessazione dell’attività.
Ciò non vuol dire che implementare un sistema di conservazione a norma sia qualcosa di inarrivabile. Ci sono solo da considerare più aspetti. E, se mi è consentito, l’obbiettivo di “effettuare una conservazione per conto terzi che sia il più possibile vicina di quellla a norma” mi sembra un po’ al ribasso, quando si puo’ essere pienamente a norma.
Ultima osservazione: qualcuno nel post precedente paventava il rischio, in caso di esternalizzazione del servizio di conservazione digitale, di un lock-in sui documenti/informazioni. In realtà. per come è concepito attualmente dalla normativa, il sistema di conservazione è una duplicazione dei documenti/informazione e assolve primariamente a degli scopi giuridici (cioè preservare il valore giuridico-probatorio dei documenti, ritenendolo a rischio sin dalla formazione del documento digitale, ritenuto non sufficientemente stabile se mantenuto all’interno dei sistemi di uso corrente) e quindi non si sostituisce al sistema di gestione informatica dei documenti. Quest’ultimo poi in una grande azienda sarà un software iperstrutturato con funzionalità avanzate, presso un artigiano si risolverà in qualche organizzazione di cartelle sul file system (che, a rigore, non sarebbe nemmeno un sistema di gestione informatica dei documenti e quindi, in tal caso, avviare quanto prima i documenti con valore giuridico verso un sistema di conservazione afifdabile sembrerebbe opportuno).
Per concludere questo intervento - che mi rendo conto essersi trasformato in un’involontaria apologia dei conservatori - segnalo che esistono anche soluzioni di sistemi di conservazione open source, che immagino possano essere adattate alla situazione che viene qui prospettata, magari calandole su un’infrastruttura e un modello organizzativo adeguati. Un esempio fra i più proposti è www.archivematica.org .
Aggiungo un altro sistema di conservazione digitale: https://demo.roda-community.org/ .
I National Archives del Regno Unito presentano poi una pagina dedicata a strumenti e sistemi per la conservazione digitale: http://www.nationalarchives.gov.uk/archives-sector/advice-and-guidance/managing-your-collection/preserving-digital-collections/digital-preservation-tools-systems/