Servizi digitali e futuro della PEC

Il problema è che se devi fare delle comunicazioni informali di nessun valore giuridico la email va benissimo. Se devi presentare dichiarazioni, istanze, reclami che hanno bisogno di un certo crisma è necessario utilizzare, anche a mente dell’art. 65 CAD, uno strumento che garantisca una certa qual autenticità del contenuto e certezza sulla provenienza, sul ricevimento, sulla data e ora (e la email non lo è). P.S. io sarei favorevole ad attivare ad ogni persona fisica residente un domicilio digitale (possiamo chiamarlo SERCQ, se la PEC non piace) gratuito e permanente cui notificare/spedire qualunque atto rilevante dalle/alle PP.AA.

@Lazlu
Infatti nel caso da me indicato la comunicazione e’ informale e di nessun valore giuridico. E-distribuzione non vuole permettere a comuni mortali di contattarla a chicchessia e la PEC e’, per loro, lo strumento adatto. Nei casi ove sia necessaria la verifica dell’identita’ del mittente e la certezza del ricevimento della comunicazione occorrono altri strumenti e qui intervengono firma digitale e altri protocolli. SERCQ puo’ essere una soluzione. Non e’ detto che sia l’unica.
Occorre pero’ considerare un altro aspetto. Il notaio o ingegnere con lo studio e’ plausibile che entri nella casella di posta piu’ volte al giorno. Un signor Rossi qualsiasi, magari gia’ pensionato, e’ tenuto a entrare nella sua casella “x” volte al mese e verificare se per caso lo Stato vuole comunicare con lui? E se non ha computer o smartphone, come fa?
Qualunque metodo venga introdotto e’ necessario verificarlo non solo con trentenni nativi digitali, iperconnessi e con inglese a livello C1, occorre che funzioni anche con la casalinga di Voghera pensionata e, per sua sfortuna, anche con disabilita’ motoria o visiva.

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Pensa un po’: oggi per ricevere una raccomandata devi avere addirittura una abitazione! Ma lo smartphone o il PC no, non ti si può chiedere di averlo! Mah…

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Per i senzatetto e’ stato pensato apposta l’indirizzo “via della Casa Comunale, 1” o indirizzi equivalenti proprio per permettere loro di essere raggiungibili dalla burocrazia e potere usufruire di alcuni servizi, ad esempio ASL con medico di base. A quanto mi risulta la legge richiede solo di avere un indirizzo, non un’abitazione, un PC o lo smartphone.
Dovendo assegnare priorita’, se a questo vuole o deve provvedere lo Stato, inizierei dall’abitazione.

e pubblicate le norme tecniche:

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La “via della Casa Comunale” per le persone senza fissa dimora non è esattamente una casella postale.

@frantheman
No, non e’ un indirizzo formale con garanzia di ricezione e lettura, pero’ e’ una soluzione pragmatica a richieste molto rigide di legge e che almeno permette ai senzatetto di fare valere alcuni sia pur minimi diritti di cittadinanza. Ho letto che alcuni comuni trattengono posta indirizzata a “Via della Casa Comunale” per consegnarla agli interessati quando passano a richiederla.
Questa mattina sono passato alla banca di mia moglie, lei non poteva, per pagare un piccolo debito fiscale di alcune decine di Euro. Avevo i miei documenti, i suoi, il suo Bancomat, il modulo F24 in stampa (quanti cittadini hanno ancora la stampante a casa?) Valutate allo sportello le seguenti alternative. 1) Addebitare sul suo conto non va bene, ci vuole una delega formale. 2) un pagamento in contanti (e’ una somma veramente piccola) non va bene, non li accettano. 3) Addebito via sportello automatico non va bene perche’ sul modello F24 non e’ segnato alcun codice dell’Agenzia delle Entrate dove versare. 4) Farlo tramite la mia banca non va bene perche’ occorre che IBAN del pagante e IBAN del contribuente fiscale coincidano.
In questi giorni abbiamo sentito numerose dichiarazioni, perlopiu’ a sproposito, su Flat Tax ed emolumenti e contributi statali. Se qualcuno mi sa segnalare un partito che prenda posizione contro le assurdita’ amministrative appena descritte, che non sono politiche, sono solo di buon senso, va in cima alla mia lista di valutazione per il voto di settembre.

Il tuo punto 2 è preoccupante. È inammissibile che le banche non accettino pagamenti in contanti (si intende sotto la soglia prevista dalla legge antiriciclaggio). In realtà le banche giocano sporco per chi non è loro correntista chiedendo la c.d. adeguata verifica della clientela (scartoffie su identificazione perlopiù) che porta via una buona mezz’ora, nascondendosi dietro un’interpretazione rigida della normativa europea di settore. E’ una sorta, neanche tanto dissimulata, di disincentivazione di mezzi alternativi a quello telematico che, guardacaso, non ha questi problemi. Un vantaggio di PagoPa è la multicanalità e l’ampia scelta di PSP fisici (che permettono di evitare a piè pari le banche…).

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Da dipendente comunale ho un moto d’orgoglio e mi emoziono quasi quando sento che il sistema bancario si dimostra piu’ ottuso e vessatorio della pubblica amministrazione :slight_smile:

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@Lazlu parliamo letteralmente del costo di due buone pizze con birra media o boccale di vino, non d’annata. E’ questo che e’ demenziale. Sulle due carte d’identita’ si vede la coincidenza degli indirizzi stradali e mi ero anche offerto di scaricare rapidamente da ANPR un certificato di famiglia anagrafica, ma non l’hanno accettato. Alla banca sarebbe stato difficile considerarmi principessa nigeriana in cerca di IBAN italiano, ma volevano andare sul sicuro e in caso di dubbio le regole contro il cittadino sono infinite. Alla fine sono riuscito a raggiungere mia moglie che ha inviato loro una email e ha chiamato la banca dall’indirizzo e dal telefono registrati alla sede e hanno accettato il pagamento.
Chi parlava di liberta’ e facilita’ di impresa in Italia? :slight_smile:

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@frantheman Credo che i problemi non fossero della banca ma dell’Agenzia delle Entrate e surreali formalita’ quali l’uso di un particolare IBAN per il versamento.
Come sappiamo, il maggior problema tributario in Italia e’ che troppi vogliono pagare le tasse altrui ed e’ necessario mettere ordine nel sistema. Senno’ come fa a crescere il rapporto Debito nazionale/PIL?

La scelta di quale canale utilizzare per la presentazione di istanze (e quindi eventualmente non accettare più la PEC) a mio avviso deve essere fatta considerando la tipologia di utente che utilizzerà quel servizio.

Se l’utente del tuo servizio può essere un signore di 70 anni che deve accedere per vedere i dati relativi alla sua pensione, un servizio solo on line può essere un problema (aggravato ancora di più se ha oltre 90) → è la ragione per cui sono state introdotte le deleghe.

Se l’utente è tale da poter fruire facilmente di un servizio digitale (es. una impresa già dotata di un domicilio digitale) può essere utile insistere sui vantaggi che avrà nell’utilizzo del servizio digitale (es. comunicazione immediata di avvio del procedimento - obbligo normativo previsto dall’art. 8 della legge 241/1990 che difficilmente può avere con una PEC in tempi così brevi , possibilità di tenere monitorata la sua pratica, ecc.).

E’ vero ad oggi non esistono norme che possono impedire all’utente l’utilizzo di alcuni canali, ma si può tentare di indurre all’uso solo del servizio digitale tramite una comunicazione efficace verso l’esterno che ponga in evidenza i benefici nell’uso dell’esperienza digitale.

@Rfagioli

Ho l’impressione che qui ci sia uno scontro di mentalita’. Nei paesi anglosassoni e nel Nord Europa, cosi’ come in numerosi altri, e’ considerato pessima educazione e, al limite, offensivo non rispondere a una email. Una email a john.smith@us.gov quasi certamente avra’ una risposta rapida e focalizzata. Quando in Italia si scrive a qualcuno dell’amministrazione occorre sempre assicurarsi di avere prove materiali dell’avvenuto invio: PEC, screenshot, indirizzi multipli per un controllo incrociato, copia bcc: a se’ stessi e cosi’ via. Una persona corretta risponde in tempi brevi e la email normale va benissimo, come nel resto del mondo. In numerose occasioni ha funzionato con il mio Comune, Consolati all’estero e altri. Email normale, comunicazione corretta, problema risolto! Altri enti statali non hanno la stessa etica e comunicare con loro e’ una fatica improba. Lo sto sperimentando proprio in questo periodo.
Con un rapporto civile e non conflittuale tra cittadino e amministrazione i vantaggi della email saranno ovvi. La PEC perderebbe in buona parte ragione di esistere. Oggi diversi canali sono necessari anche per potere scegliere di volta in volta la strategia piu’ adatta a raggiungere l’ufficio che vuole rendersi irreperibile.

Mi pare assai strano quanto descritto al punto 3 e 4 perchè qualunque banca permette di digitare i dati, io regolarmente pago f24 di mia madre dal mio conto inserendo il suo c.f.
Comunque sia non sono assurdità amministrative ma assurdità bancarie.
E sull’etica della PA, scusate, ma quando sento qualcuno criticarla mi ergo a difensore, è più forte di me. io non posso che ribadire quanto scritto in altri post: se il cittadino italiano non cercasse di fregare la PA in ogni modo e se i tribunali italiani funzionassero meglio, anche noi potremmo usare la mail e avere rapporti più sereni. Ma fino a quando migliaia di cittadini ti contestano di non aver scritto una cosa (è stato un hacker), chiedono sussidi cui non hanno diritto e spariscono, quando fanno false autocertificazioni e ricevono un bufetto ecc ecc ecc. bene fa lo Stato a tutelarsi come può con strumenti anacronistici come la PEC. Ma concordo che non dovrebbe essere quella la soluzione, bensì semplificazione accoppiata a inflessibile severità.

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Diciamo che la problematica primaria della PEC non è di essere anacronistica ma piuttosto è il fatto che è un servizio a pagamento da gestire autonomamente da ciascuna persona fisica o giuridica, quando doveva essere piuttosto un servizio fornito dal governo come baseline gratuita (postacertificata.it docet) ed in caso con alternative commerciali migliorative. Così come siamo messi oggi ciascun cittadino gestisce la cosa malvolentieri, visto che vede la PEC come un inutile balzello in più (“Perché devo pagare di tasca mia per avere una casella dedicata a ricevere multe ed altre rogne?”).
Penso che il costo della consegna delle varie missive cartacee sia ben superiore a pagare una casella pec da 500mb per ciascun cittadino.

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@GiP il problema della email normale è che ha molte criticità d’uso. Prima di tutto bisogna capire se l’utente (utilizzatore del servizio / contribuente / altro ruolo) chiede informazioni generali o particolari-personali; nel primo caso potrebbe guardarsi le istruzioni che molti Enti “illuminati” pubblicano sui loro siti istituzionali (devo fare la cosa X, come faccio? Ok, c’è la bella guida passo passo); nel secondo caso si tratta di materia delicata / riservata / soggetta a segreto d’ufficio e si apre tutto un mondo per gli Enti: 1) devo aver certezza di ricevere la tua email (non è scontato, non essendoci una tracciabilità), 2) devo accertarmi che tu sei tu (problema di identificazione certa del mittente); 3) bisogna avere contezza di riferimenti oggettivi e temporali (autenticità del contenuto e data e ora); 4) se la risposta si suppone sia formale e impegnativa per l’Ente dovrà essere predisposta con le richieste formalità, protocollata e notificata (è molto improbabile l’uso della email). La email va bene per risposte interlocutorie deformalizzate con brevi scambi di battute e non ha senso in tutti gli altri casi. Rimando all’art. 38 DPR 445/2000 e all’art. 65 D.Lgs. 82/2005 per i requisiti stretti di forma per la validità di una istanza o dichiarazione alla P.A. Se la legge quello stabilisce gli Uffici pubblici a quello si adeguano: rivolgersi al Legislatore per lamentele :wink:

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Le tue considerazioni sono giustissime e le condivido. Occorre pero’ distinguere diversi casi e agire in modo pragmatico. E’ quello che in Italia si incontra, purtroppo, di rado. Di recente ho dovuto contattare e-distribuzione per una domanda tecnica, aperta, generica, nessun segreto, un semplice approfondimento di una questione specifica sul contatore. Per contattarli hanno richiesto una registrazione sul sito con email, SMS di verifica, riconoscimento di foto “io non sono un robot”. Dopo alcune settimane hanno risposto in modo generico, senza aver letto la domanda, suggerendomi di rivolgermi ad altri - per un servizio sviluppato da loro!
Nel tuo esempio occorre distinguere tra diversi gruppi di utenti.
Avvocato, progettista, commercialista ecc. Giusto usare la PEC e richiedere piena confidenzialita’ nel trattamento dei dati.
FSE - aumenta di importanza con il procedere dell’eta’ ma con l’invecchiare diventa anche piu’ difficile usare mezzi elettronici. Dove sta il giusto mezzo? Controlli di identita’ nel chiedere medicine online? Con molti anziani che cadono vittima del “finto nipote”? Se riesci a entrare a casa dell’80-enne chiedere CIE e PIN diventa uno scherzo.
INPS - stessa cosa, con regole che superano la capacita’ creativa di Azzeccagarbugli (il legislatore).
Scuola, universita’, mensa - pubblico molto ampio e dai mezzi diversi. Quanto e’ probabile che la principessa nigeriana voglia iscriversi alla mensa scolastica di Viterbo o leggere una pagella online di Aosta? Ma se l’accesso e’ troppo facile chiunque puo’ leggere le pagelle online di altri, o scaricare i lavori scolastici.
Per questo motivo sostengo, come e’ stato fatto in alcuni paesi, che in parallelo a PEC, CIE e servizi online ci siano centri di supporto per persone che per diversi motivi non sanno o non possono usare strumenti digitali. Ulteriori controlli a seconda dei casi li fara’ la farmacia o il medico di base, il maestro ecc.

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A me la PEC convince poco (troppo dipende dalla volontà e dalle bizze :wink: del cittadino). Per me, se la richiesta è formale (quindi: necessita di risposta altrettanto formale, entro certi tempi procedimentali, innesca un iter al termine del quale è prevista l’emissione di un provvedimento) dovrebbe AGID o altro Ente di livello centrale creare un portale per il caricamento dell’istanza / dichiarazione che viene recapitata all’Ente pubblico destinatario (meglio ancora all’unità organizzativa responsabile del procedimento). Questo però implicherebbe diverse domande: - l’istante dovrebbe predisporre l’istanza, formattarla secondo schemi predefiniti, firmarla (come? le firme elettroniche sono poco diffuse / realmente usabili), il caricamento di un documento dell’utente sarebbe più flessibile di form a campi compilabili sul sito (in caso contrario bisognerebbe pensare alla creazione di mille-mila moduli diversi per ogni possibile evenienza), - il portale dovrebbe riconoscere inoppugnabilmente il mittente (CIE? SPID? Altro? Non è detto che chi trasmette sia il firmatario), - una volta caricato documento e allegati, il portale dovrebbe attestare legalmente la presentazione dell’istanza, - tempestivamente il portale dovrebbe recapitare all’Ente/U.O. competente per via telematica quanto caricato dal mittente (via PEC? Con un sistema tipo SDI con codice univoco destinatario come nelle fatture elettroniche? In cooperazione applicativa / automazione interoperabilie sul software gestionale dell’Ente?). Sarebbe una sorta di piattaforma notifiche digitali al contrario, ma non risolverebbe comunque il problema di anziani e tecnologicamente arretrati che resterebbero al punto modulo cartaceo+sportello de visu.

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@Lazlu
Una schermata con campi compilabili standard / anagrafici, un campo aperto per l’istanza vera e propria e la verifica di identita’ con CIE, SPID o equivalente forse non sarebbe una soluzione completa, ma aiuterebbe a risolvere un bel po’ di pratiche.
Io non lavoro nella PA, ma se fossi il dirigente preposto a combattere UCAS inizierei, se esiste, a chiedere una statistica delle pratiche piu’ comuni, quali sono i moduli piu’ usati, per che cosa, e iniziare da li’.
Una soluzione che ho trovato molto efficace, progettata bene e che mi e’ gia’ servita in pratica e’ ANPR. Quando mi ha contattato il gruppo di lavoro per chiedere suggerimenti di miglioramento, il primo e’ stato di non fare nulla perche’ quando qualcosa funziona bene il rischio di peggiorarla e’ molto elevato :wink:
If it ain’t broken, don’t fix it!
Di altre cose, tipo la domanda del passaporto, abbiamo gia’ discusso nel Forum.
Certamente occorre digitalizzare la procedura del Permesso di Soggiorno per stranieri, fino a oggi completamente su base cartacea. Ad esempio, a ogni rinnovo viene chiesta copia del passaporto. Con una casella dedicata si potrebbe caricare lo scan una volta sola. Poi ognuno avra’ piu’ o meno documenti a seconda della sua posizione. Un esempio simile e’ attuato da molti datori di lavoro. Un sito di anagrafica generica, poi carica CV, carica lettera, carica documenti aggiuntivi, fatto tutto, invia!
Non si sfugge da un aspetto di base. Non serve solo digitalizzare ma occorre considerare anche i processi, le utenze, la facilita’ d’uso. E come sostiene @Elena_S anche che in troppi vogliono barare con il sistema. La PA deve barcamenarsi tra cittadini onesti che soffrono delle formalita’ e complicazioni e quelli meno onesti che cercano di sfruttare ogni occasione per i loro scopi.

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il sistema bancario italiano non è stato mai un buon benchmark per misurare l’efficienza nella produzione dei servizi :roll_eyes:

ricordo che anni fa mi sono scontrato con una banca popolare (quindi privata) perchè mi faceva problemi in quanto “pretendevo” di fare operazioni allo sportello in qualsiasi filiale della provincia. Secondo il funzionario avrei dovuto aprire un c/c (della stessa banca) presso ogni filiale. Feci una lettera di protesta con chiusura del c/c e nessuno si è preoccupato di chiamarmi per scusarsi e cercare di farmi revocare la decisione di chiusura conto :angry:

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